La primavera e l'uomo
Proponiamo alcuni testi in cui ricorre il tema della primavera confrontata con la realtà degli uomini. Il confronto è per lo più motivo di riflessioni malinconiche, che rilevano l'inferiorità dell'uomo in generale, o di qualcuno in particolare, rispetto alla natura. Il motivo di questa inferiorità può essere la capacità della natura di rinnovarsi, di ritornare giovane, mentre l'uomo va inesorabilmente verso la morte: è il tema dell' ode oraziana IV, 7:
Diffugere nives, redeunt iam gramina campis
arboribusque comae;
mutat terra vices et decrescentia ripas
flumina praetereunt;
Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet
ducere nuda choros.
Immortalia ne speres, monet annus et almum
quae rapit hora diem.
Frigora mitescunt Zephyris, ver proterit aestas,
interitura simul
pomifer autumnus fruges effuderit, et mox
bruma recurrit iners.
Damna tamen celeres reparant caelestia lunae;
nos, ubi decidimus,
quo pater Aeneas, quo Tullus dives et Ancus, ,
pulvis et ombra sumus.
Quis scit an adiciant hodiernae crastina summae ,
tempora di superi?
Cuncta manus avidas fugient haeredis, amico
quae dederis animo.
Com semel occideris et de te splendida Minos ,
fecerit arbitria,
non Torquate genus, non te facundia, non te
restituet pietas.
Infernis neque enim tenebris Diana pudicum
liberat Hippolytum,
nec Lethaea valet Theseus abrumpere caro
vincola Pirithoo.
Il motivo è ripreso soggettivamente da G. Carducci nella poesia di Rime nuove scritta nel 1871 per il figlio Dante morto l'anno prima: non è tanto la natura in generale, ma una pianta particolare che si rinnova al tornare della bella stagione; ed è sul bambino che s'incentra la riflessione esistenziale. Tuttavia l'anafora tu ... tu richiama l'oraziano te ... te (v. 23) e il titolo inserisce il motivo personale in una tradizione più vasta.
PIANTO ANTICO
L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno,
da�?bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l'inutil vita
estremo unico fior
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra,
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
Anche in una lirica di Quasimodo ritroviamo il contrasto espresso soggettivamente, ma il tema è assai più sfumato: l’albero si rinnova in primavera, mentre il poeta si "piega e secca", quasi sostituendosi all'albero nell'invecchiare (da Acque e terre, 1920-29)
ALBERO
Da te un'ombra si scioglie
che par morta la mia
se pure al moto oscilla
o rompe fresca acqua azzurrina
in riva all' Anapo, a cui tomo stasera
che mi spinse marzo lunare
già d'erbe ricco e d’ali.
Non solo d'ombra vivo,
ché terra e sole e dolce dono d'acqua
t’ha fatto nuova ogni fronda,
mentr’io mi piego e secco
e sul mio viso tocco la tua scorza.
Più frequentemente incontriamo il contrasto fra la positività della natura in primavera e la negatività della condizione in cui il poeta si trova, in genere a causa dell'amore infelice. Il tema ricorre in Ibico (fr. 5 P): a primavera la natura gode di riposo e frescura, negate invece al poeta (o alla persona a cui egli dà voce, visto che si tratta di un frammento di lirica corale):
Ãri mn a�?te Kudèniai
mhl…dej ¢rdÒmenai ∙o©n
™k potamîn
, †na Parqšnwn kÁpoj ¢k»ratoj
, a�?t' o„nanq…dej aÙxÒmenai skiero‹sin Øf
' ›rnesin o„naršoij qalšqoisin:
™moˆ d' œroj oÙdem…an kat£koitoj éran
. te ØpÕ sterop©j flšgwn
Qrh…kioj Boršaj
¢…sswn par¦ KÚpridoj ¢zalš- aij man…aisin ™remnÕj ¢qamb¾j
™gkratšwj pedÒqen ful£ssei
¹metšraj fršnaj
"A primavera i meli cotogni, irrigati dalle correnti dei fiumi, là dov' è il giardino incorrotto delle Vergini, e i fiorellini della vite, che crescono sotto gli ombrosi tralci ricchi di pampini, germogliano; per me invece Amore non riposa in nessuna stagione. E come il tracio Borea fiammeggiante per il fulmine, così, balzando dal grembo di Venere, con aride pazzie, cupo, indomabile, potentemente dal profondo tiene il mio cuore".
Nella poesia medioevale il contrasto fra la gioia diffusa nella natura a primavera e l'infelicità dell'amante è un tema frequentissimo. Riportiamo due brani di trovieri del XII secolo: la prima strofa di una canzone di Blondel de Nesle:
Li rosignous a noncié la nouvele
lai que la sesons du douz tens est venue,
que toute riens renest et renouvele,
que li pré sont couvert d'erbe menue.
Pour la seson qui se change et remue,
chascuns fors moi s'esjolst et revele.
Las! car si m'est changiee la merele
qu'on m'a geti en prison et en mue.
"L'usignolo ha annunciato la notizia che la stagione del dolce tempo è venuta, che ogni cosa rinasce e si rinnova, che i prati sono coperti d'erbetta. Per la stagione che cambia e muta, ciascuno tranne me gioisce e si rallegra. Ahimè! Giacché mi si è così cambiata la sorte che mi hanno gettato in prigione e in gabbia."
Ed ecco la strofa iniziale di una canzone del troviero Gace Brulé:
Quant voi la flor boutoner, .
qu'esclarcissent nuage,
et j'oi l'aloe chanter
du tens qui rassouage,
las! ne me puis conforter, - ,
qu'amours veut mon damage.
A celi me fait penser
qui me tient a outrage.
Ha! fins amis
morrai, ce m'est vis.
Ja voir n’en partirai vis:
trop m'a sourpris.
"Quando vedo i fiori mettere i boccioli, e i fiumi diventano trasparenti, e odo l’allodola cantare il tempo sereno, ahimè, non mi posso confortare, perché amore vuole la mia rovina. Mi fa pensare a colei che mi fa torto. Ah! cari amici, morirò, lo so bene. Non smetterò di vederla: troppo mi ha conquistato."
Il tema s'incontra in un sonetto del Petrarca in morte di Laura, che presenta un intreccio di motivi: al più evidente, il tema della gioia non condivisa, che l’apparenta ai testi dei trovieri, si aggiunge il tema della primavera come stagione degli amori, in contrasto con la solitudine del poeta, il tema del rinnovarsi della vita, mentre Laura è morta, e l'ulteriore amarezza della coincidenza fra la primavera e l'anniversario della morte (CCCX):
Zefiro torna e ’l bel tempo rimena
e i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
e garrir Progne e pianger Filomena,
e primavera candida e vermiglia;
ridono i prati e il ciel si rasserena,
Giove s’allegra di mirar sua figlia,
l’aria e l’acqua e la terra è d'amor piena,
ogni animal d’amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso, tornano i più gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch’al ciel se ne portò le chiavi,
e cantar augelletti e fiorir piagge
e ’n belle donne oneste atti soavi
sono un deserto e fere aspre e selvagge.
Esiste tuttavia anche una diversa soluzione del confronto fra l'uomo e la natura: l'amore felice fa cantare anche quando la natura è oppressa e resa muta dall'inverno. Troviamo questa inversione di tema in un'altra canzone di Gace Brulé (prima strofa):
Quant flors et glaiz et verdure s'esloigne,
que cil oisel n’osent un mot soner,
por la froidour chascuns doute et resoingne
jusqu’au beau temps que il suelent chanter,
je chanterai, que ne puis oblier
la bone amour dont Dex joie me doigne,
que de li sont et viennent mi penser.
"Quando i fiori e i giaggioli e la verzura se ne vanno e gli uccelli non osano emettere un suono, e per il freddo tutti esitano e temono fino alla bella stagione in cui sono soliti cantare, io canterò, perché non posso dimenticare l'amore, della cui gioia Dio mi renda degno: da lì derivano e vengono i miei pensieri".
A sua volta, la lirica provenzale conosce esempi di contrasto fra l’uomo e la natura gioiosa, ma anche esempi di coincidenza: citiamo le prime due strofe di una poesia di Arnaut de Maruelh (sec. XII-XIII):
Belli m'es quan lo vens m'alena
en abril ans qu' entre mais,
e tota la nueg serena
chanta.l rossinhols e.l jais;
quecx auzel en son lenguatge,
per la frescor del mati,
van menan joi d'agradatge,
com quecx ab sa par s'aizi.
E pus tota res terrena
s'alegra quan fuelha nais,
no.m puesc mudar no.m sovena
d’un’amor per qu’ieu sui jais;
per natur e per uzatge ' ,
me ve qu'ieu vas joi m'acri,
lai quan fai lo dous auratge
que.m reve lo cor aissi.
"È bello per me quando il vento soffia in aprile prima che cominci maggio, e per tutta la notte serena cantano l'usignolo e la ghiandaia; ogni uccello nel suo linguaggio, per la frescura del mattino, esprime la gioia e il gradimento, come chi è vicino alla sua compagna. E poiché ogni cosa terrena si rallegra quando nasce la foglia, non posso evitare di ricordarrni di un amore per cui sono felice; per natura e per abitudine vedo che mi accosto alla gioia quando spira la dolce brezza che così mi ravviva il cuore"
.
Anche Quasimodo in un’altra poesia di Acque e terre innova il tema, identificandosi con la natura che si rinnova invece di porsi in contrasto con essa:
SPECCHIO
Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c'era.