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 Message 1 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_Angela  (Original Message)Sent: 10/15/2008 8:26 PM

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 Message 2 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 10/15/2008 9:33 PM
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 Message 3 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 10/15/2008 10:28 PM

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 Message 4 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 10/16/2008 3:45 PM
 

 

 

 

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 Message 5 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 10/16/2008 5:42 PM
 
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 Message 6 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/11/2008 10:20 AM
 

 

 

 

 

 

 

 

 



 
 
       

                    

La carrozza di Jane

 

La carrozza di Jane si allontana!

Con occhi luminosi dentro il nero
delle colline brulle si avvicina
la carrozza di Jane, e la più seria
delle Fate bambine segue il fiero
contorno delle rocce, e prega Iddio.
Ha lasciato la Stanza dei Bambini,
dove fu sola, e Bessie, e la malvagia
Zia Reed, e la tristezza dei misteri.

Col cuore disperato e l'occhio pronto
ha gridato che è ingiusto, non si deve
tormentare, perché indifeso, un bimbo.
Chiama il mondo a difesa, Jane Eyre!
L'hanno svegliata! Verso punizioni
tremende va la bimba derelitta,
ma che importa! Al rigore più severo
si affida: meglio assai che l'ingiustizia.
(Va la carrozza intanto dentro il nero
fiume di fango, in fretta verso Lowood!)

Oh, assai triste Collegio di Lowood!

Tortura delle mani fredde e gonfie,
dei vestiti d'estate mentre nevica.
Le orazioni, la Bibbia, nel risveglio
delle sinistre camerate, i lunghi
tavoli della fame, e verghe e stracci
da applicare sul dorso. Elena Burns
che morivi contenta, e Mary Temple,
insegnante vestita di scarlatto!

Oh, assai triste Collegio di Lowood!

Come piangeva il vento di mattina!
Per le piccine niente caminetto,
ma la predica, e un giorno Jane Eyre
è processata, per menzogna, in classe.
Ma le viene in soccorso Elena Burns,
con uno sguardo unico. E la luna
tra le nubi scintilla, sulla pura
fronte che giunge della Direttrice.
Torna presto, carrozza del mistero,
ed annulla la strada di Lowood!

L'epidemia! La splendida campagna
di maggio: e tutto questo è già il Passato.
Cerca un posto la grave giovanetta;
timidamente invia la sua domanda
al solitario Araldo della Contea.
Risponde dopo un po' la Governante
della piccola Adele. Il Posto è pronto.
Fa il suo baule in fretta, Jane Eyre.

E' arrivata stanotte, Jane Eyre!

In questa Casa non c'è mai nessuno.
Il Padrone è lontano (un tipo strambo).
La signora Fairfax è dolce e buona,
ma insipida, e l'allieva una piccina
molto vana. Talvolta al Terzo Piano
sale Jane inquieta, e sente ridere.
In quelle stanze c'è un mistero, un Drago
(si direbbe) che beve molta birra.

Dolcemente passarono tre mesi!

Poi la lettera ad Hay, la luna fredda
dell'inverno, il sentiero delle rose
ora ghiacciato... Avvolta nel mantello
sosta la giovanetta allo steccato,
sosta severa tra le bacche rosse.
Ed i torrenti ascolta, dalla valle
tutti insieme, una musica di cose...
forse per altri... non per lei saranno.

Ma il cielo è verde e il cuore coraggioso.

Ed improvviso un rombo copre tutto!

Poi il cavallo, il signore, la caduta,
il suono dei metalli e gli occhi neri,
la pelliccia, lo sguardo, la tempesta
di parole che il cuore non osava
dall'infinito tempo: "Non vi lascio
solo, non posso, dentro la brughiera,
se non vedo che il passo è già sicuro
".
E già ferito è il cuore tutto lampi
del signore violento del maniero.

"Voi piuttosto... tornate a casa... E' tardi.
Abitate laggiù... Chi siete?... E' tardi
".

Nella sala il camino già risplende
immenso, e una candela ha Jane Eyre
per ritornare nella muta stanza.
Ma il cuore ora di stelle è una miniera,
segue dei fiocchi la diurna danza
l'indomani; la Casa ha vita, ora...
il signore è in ascolto, e Jane ascolta
dalla scala il signore del maniero.
Dalla scala di quercia il suono intende:

simile a un vento ardito or va or viene!

Oh, Thornfield nella lontananza!

Nevica! Adele nello Studio gioca
con il Cane; sferruzza la Signora
Governante in tinello; le cornacchie
vanno in silenzio dalla casa al bosco.
Talora egli la incontra. Ora sorride,
ora è scortese... Pensierosa è Jane,
e guarda in alto...suona al Terzo Piano
un riso atroce. E' il Drago del Maniero,
e ha dannato il signore. In guardia, Eyre,
Bambina delle Fate! E già riparte
col cuore a pezzi verso la brughiera.
E il signore è sparito, l'incantata
Thornfield è sparita, e solo resta
questa carrozza, e corre alla Brughiera,
e qui Jane abbandona. E' vinta, Jane,
non rivedrà la luna di gennaio,
ed il sentiero delle bacche rosse.
Non rivedrà colui che tanto amava.

Chi l'ha detto? Oh, Signore della luna,
dell'Universo (casa di Demoni),
splendi nel buio, salva la fanciulla
miracolosa, salva Jane Eyre!

"Ed uno apparve come uno stellato",
è scritto nel romanzo (dal tedesco);
sotto la pioggia appare il buon Pastore
John Rivers, e la guida nella casa
povera, ma piccina. Hannah il pane
prepara, e le signore accanto al fuoco
leggono nella Bibbia. Questa Jane
subito è cara. Che riposo il latte,
il lettino, le tenere canzoni.

E rivede - la bimba - le sorelle
della sua vita nera. E grande festa
si appresta, di Natale, in quelle stanze.
Le adorna. E ne debella la miseria
col denaro dell'Isola. Ma il cuore
lasciò alla luna di gennaio, al grande
splendore di quegli occhi irati e neri.
E lì vuole tornare, lì è la vita,
lì il dolore. E riparte Jane Eyre,
in carrozza, attraverso la brughiera.
Riparte per raggiungere il signore,
e calmarlo col riso del suo amore.

La carrozza si ferma. E' la Foresta
di Ferndean. Discende Jane Eyre,
e ritrova colui che l'ha ferita,
ferito nello sguardo e nella mano
che operò il male. E subito, in ginocchio,
accende il fuoco, e rapidi ritocchi
dà alla testa selvaggia. Edy sorride
di nuovo, è sano, in piedi, benedice,
con la sua fata, il Sole della vita!

E riparte di nuovo la carrozza
di Jane, e ancora tuona verso noi,
e si ferma, e riparte. E gli sportelli
sbattono. E Jane è qui. Come la vita!

Vieni, Jane. Soccorrici. Il signore
del tuo cuore non perdere, ma noi
aiuta aiuta aiuta dolce Jane!
Che la carrozza, bimba del coraggio,
sempre ritorni in questo mondo cupo,
che le luci compaiano e dispaiano,
rosso ricordo della fanciullezza
della speranza e della giovinezza.

Dolce Jane, ti sia fratello il cielo
con le sue stelle immense, e il vento e il fuoco
improvviso di case e di castelli.
Sempre Jane immortale tu soccorri
quanti fanciulli sono asserragliati
in carceri di neve, di terrore,
assediati da spettri e da solenne
solitudine, ed odio di stranieri.

Dolce Jane, alla luce di ogni inverno,
sali nella carrozza del mistero,
della purezza, l'animo e il coraggio,
e vieni a visitare la brughiera
del mondo. Siamo soli. Il vento geme
sopra l'arida terra; a nembi giunge
nel deserto l'azzurro del dolore
di fanciulli e di spiriti legati.

Ferma la tua carrozza, Jane Eyre!

Canto di ruote! Io qui nel libro leggo,
o il romanzo è caduto? Dormo? Veglio?
Che luna è questa, questo immenso chiaro?
Albeggia, forse? Sei tu dunque, Jane?

Dormo soltanto! E il canto si allontana!

(Una poetica sintesi di Jane Eyre)                  

      MIO PRIMO AMORE PALLIDO RAGAZZO
Mio primo amore, pallido ragazzo
una mattina calda: ancora ascolto
il battito del cuore nella gola,
ancora il male sento, il male - bene,
ancora nelle vene
passa il turbato ansare.
Dolore di uno sguardo
fanciullesco, piacere
che strazia di uno sguardo
indifferente sopra noi posato!
E fu breve la cosa. E presto uscita
sui verdi prati, avidamente il male -
bene pensavo, e quanto
l'avrei portato nel mio triste cuore.

 

                                                                         
                                                                                                                                                  


                                                                                                                                                                                      
 

 


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 Message 7 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/11/2008 10:22 AM
 

 

(print image)

Acqua di mare amaro
che esali nella notte:
verso le eterne rotte
il mio destino prepara.
Mare che batti come un cuore stanco
violentato dalla voglia atroce
di un Essere insaziato che si strugge�?/FONT>

 

***

 

 

Une femme qui passe
Andava. La vita s'apriva
agli occhi profondi e sereni?
Andava lasciando un mistero
di sogni avverati ch'è folle sognare per noi.
Solenne ed assorto il ritmo del passo
scandeva il suo sogno
solenne ritmico assorto.
Passò. Di tra il chiasso
di carri balzanti e tonanti serena è sparita.
Il cuore or la segue per una via infinita
per dove da canto a l'amore fiorisce l'idea.
Ma pallido cerchia la vita un lontano orizzonte.

                                                           
***

 

 

La sera di fiera  

II cuore stasera mi disse: non sai?
La rosabruna incantevole
dorata da una chioma bionda: 
e dagli occhi lucenti e bruni colei che di grazia imperiale
Incantava la rosea
freschezza dei mattini: 
e tu seguivi nell'aria
la fresca incarnazione di un mattutino sogno: 
e soleva vagare quando il sogno 
e il profumo velavano le stelle
(Che tu amavi guardar dietro i cancelli
Le stelle le pallide notturne):
che soleva passare silenziosa 
e bianca come un volo di colombe
Certo è morta: non sai?
Era la notte
di fiera della perfida Babele
Salente in fasci verso un cielo affastellato un paradiso di fiamma
In lubrici fischi grotteschi
E tintinnare d'angeliche campanelle
E gridi e voci di prostitute
E pantomime d'Ofelia
Stillate dall'umile pianto delle lampade elettriche
Una canzonetta volgaruccia era morta
E mi aveva lasciato il cuore nel dolore
E me ne andavo errando senz'amore
Lasciando il cuore mio di porta in porta:
Con Lei che non e nata eppure è morta
E mi ha lasciato il cuore senz'amore:
Eppure il cuore porta nel dolore:
Lasciando il cuore mio di porta in porta.

 

***

 

Firenze

(Canti Orfici)

Entro dei ponti tuoi multicolori

L'Arno presago quietamente arena

E in riflessi tranquilli frange appena

Archi severi tra sfiorir di fiori

Azzurro l'arco dell'intercolonno

trema rigato tra i palazzi eccelsi:

Candide righe nell'azzurro: persi

voli: su bianca gioventù in colonne.

 

***

 

 

  

 

 

Donna Genovese

Tu mi portasti un po' d'alga marina
Nei tuoi capelli, ed un odor di vento,
Che è corso di lontano e giunge grave
D' ardore, era nel tuo corpo bronzino:
- Oh la divina
Semplicità delle tue forme snelle -
Non amore non spasimo, un fantasma,
Un'ombra della necessità che vaga
Serena e ineluttabile per l'anima
E la discioglie in gioia, in incanto serena
Perché per l'infinito lo scirocco
Se la possa portare.
Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani!
***
A Sibilla Aleramo:

 

 
Sul più illustre paesaggio
Ha passeggiato il ricordo
Col vostro passo di pantera
Sul più illustre paesaggio
Il vostro passo di velluto
E il vostro sguardo di vergine violata
Il vostro passo silenzioso come il ricordo
Affacciata al parapetto
Sull'acqua corrente
I vostri occhi forti di luce.
 


*

«Vi amai per la città dove per sole
strade si posa il passo illanguidito
dove una pace tenera che piove
a sera il cuore non sazio e non pentito
volge a un’ambigua primavera in viole
lontane sopra il cielo impallidito».

 

*

In un momento

Sono sfiorite le rose

I petali caduti

Perché io non potevo dimenticare le rose

Le cercavamo insieme

Abbiamo trovato delle rose

Erano le sue rose erano le mie rose

Questo viaggio chiamavamo amore

Col nostro sangue e colle nostre lacrime facevamo le rose

Che brillavano un momento al sole del mattino

Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi

Le rose che non erano le nostre rose

Le mie rose le sue rose
 

P.S. E così dimenticammo le rose.
                                                                       
                         -  1917

 

 

 

Dino Campana
                                                          
Dino Campana era nato a Marradi, presso Faenza, il 20 agosto del 1885, da una famiglia d'estrazione piccolo borghese. Dopo il liceo, terminato faticosamente, si iscrisse alla facoltà di chimica dell’Università di Bologna, ma, come più tardi dichiarò, non comprese mai nulla dell’astruso formulario scientifico. E fu proprio a Bologna che uno psichiatra, per i sintomi palesati, definiti “nevrastenia�?dallo stesso poeta, gli diagnosticò “una forma psichica a base di esaltazione�? per la quale prescriveva riposo intellettuale, isolamento affettivo e morale e l’uso di bromuro, e che il poeta venne ripetutamente internato in manicomio.
Manifestazione del suo disagio era soprattutto l’irrequietezza, che lo portava spesso a viaggiare come un nomade, incapace di collocarsi in un luogo preciso e di relazionarsi socialmente in modo stabile; per questo fu in Argentina, in Ucraina, e poi girovago per l’Italia, esercitando i mestieri più disparati, come il pianista, il poliziotto, il pompiere, il fabbro, l’operaio, economicamente sostenuto anche dalla famiglia.

Nell’estate del 1914 esplose la passione per Sibilla Aleramo, trasformatasi poi da “un viaggio chiamato amore�?in vero e proprio calvario.
La prima volta che le scrisse, attratto dalla donna, e lusingato dal fatto che una scrittrice famosa s’interessasse a lui, un solitario e squattrinato dalla vita simile a quella d’un barbone, e che fino ad allora aveva avuto solo la compagnia di donne di malaffare, Dino le disse: “Non mi parli del suo impegno sociale, non mi racconti del socialismo. Mi interessa lei. La passione e niente altro, tutto il resto è fuori, tutto il resto viene dopo, non importa quando�?
Affascinata dalle prime lettere scambiate con lui, Sibilla andò da Dino, da “Cloche�? come talvolta amava firmarsi.
Lei era bellissima, con il volto ovale, i capelli biondi, la bocca sensuale; lui aveva i capelli tra il biondo e il rosso, la pelle rosea, i baffi spioventi su labbra carnose, gli occhi cangianti: la scintilla scoccò all’istante e immediata fu tra loro anche la passione fisica.
La vicenda d’amore si snodò fra alti e bassi, fra la fitta corrispondenza, i silenzi di lui, gli allontanamenti ora dell’uno ora dell’altro, le liti, le riappacificazioni, il peggioramento dei disturbi nervosi, le suppliche di entrambi per una riconciliazione, gli arresti di Dino continuamente scambiato per un tedesco, fino all’ultimo fermo, quello che lo condusse nel manicomio di San Salvi.
Fu Sibilla a troncare la relazione con Dino, romantico, fragile, ma anche violento, geloso del passato che lei non gli nascondeva, e instabile (nella stessa giornata scriveva �?Cara signora, spero che lei abbia capito che tra noi è finita�?e poi, tre ore dopo, ”Amore mio, mi manchi, ti prego, vieni da me�? e pervaso da una carica autodistruttiva alla quale lei, ansiosa di vivere, non volle mai piegarsi.    
                                                              
Fu davanti al cancello del manicomio che terminò definitivamente il doloroso viaggio chiamato amore.
Scrisse Sibilla: “L’ho riveduto così, dopo nove mesi, attraverso una doppia grata a maglia. Non ero mai entrata in una prigione. E�?stato un colloquio di mezz’ora, i carcerieri avevan quasi l’aria di patire sentendo lui singhiozzare e vedendo me irrigidita�?
Scrisse Dino: �?Mi lasci qua nelle mani dei cani senza una parola e sai quanto ti sarei grato. Altre parole non trovo. Non ho più lagrime.Perché togliermi anche l’illusione che una volta tu mi abbia amato è l’ultimo male che mi puoi fare�?

Sibilla era stata il primo ed unico amore di Dino, ma anche lei lo aveva molto amato; su quell'amore la scrittrice non riuscì mai a scrivere un solo rigo, tanto grandi erano state le emozioni fra loro, e la testimonianza di quella passione restò affidata tutta al carteggio.

Dino Campana morì il 1° marzo del 1932 nell’Ospedale psichiatrico di Castel Pulci, dov�?era stato internato 15 anni prima, a quarantasette anni, probabilmente per setticemia causata dal ferimento con un filo spinato durante un tentativo di fuga.

 

                                                                                                                    

 

 

 

 

 

 
Mer Angel

 

...forse voi non sapete che quando il primo bambino ha riso per la prima volta, la sua risata si e' spezzata in mille frammenti che si sono persi nel cielo. Così sono nate le fate!!!

-da Peter Pan di James M.Barrie-

 

     Fate, smettete le vostre canzoni,
e le mie bianche campane ascoltate:
voi li sentite, quei suoni lontani?
E quel che dicono, voi lo sapete?
Sono campane di neve che spuntano
dai loro gambi, e dolci suonano:
parlano forse di quel paese
dove ogni cosa è bella e cortese?

Cicely Mary Barker 
The song of the Lily of the Valley Fairy

 


  La danza delle fate

Notte di luna piena.

Il bosco risplende di un'aerea fosforescenza.

Avanzano le fate verso il centro del Cerchio
in sincronia, avvolte dai riflessi delle stelle sulle loro ali.

Una nota di flauto rompe il silenzio, colpi sordi di tamburi
le fate alzano le mani al cielo
piano inizia il loro ballo
in onde flessuose i loro piccoli corpi
si muovono al ritmo di suoni dimenticati;
battono i piedi leggeri sull'erba,
passi cadenzati per la Danza delle Fate.

Volano in alto i nostri cuori
nostra è la vita e nostro l'amore
nulla ci tocca per più di un respiro
viviamo al limite dell'umana follia.

Sogni, desideri, indecenti languori
scateniamo nei cuori di uomini e dei.

Nostre le fronde del bosco di notte
nessuna di noi sa cosa è tristezza
viviamo prive di ogni saggezza
allegria e risate la nostra salvezza.

A noi nulla e nessuno comanda
libertà è la nostra filosofia
della ragione non seguiamo la via
ora piangiamo, ora ridiamo
viviamo ogni istante della vita come fosse
l'ultimo o l'eternità.

Uniamo gli opposti, disfiamo le trame,
balliamo e giochiamo da notte a mattina.

Le braccia, le gambe in un ritmo sfrenato,
per noi primavera è sempre vicina.

Festeggiamo ogni istante
non fa differenza
buona o cattiva
questa è la vita.

I fianchi, la testa, i nostri capelli
onde di un mare,
mare fatato.

Sappiamo anche noi cos'è la tristezza
l'angoscia, la morte, il desiderio, la pazzia;
ma tutto finisce e tutto ritorna
ogni pensiero arriva lontano.

Voliamo incontro alla madre Luna
e al mattino padre Sole sarà la nostra meta.

Ogni rimpianto, ogni rimorso
dalla nostra anima viene lavato via.

Perché noi sappiamo volare
oltre il cielo e ancora più su
nei sogni degli uomini
nelle lacrime degli ultimi
conosciamo segreti che mai voce ha rivelato
i segreti del vostro cuore.

La musica si fa dolce
la notte se ne va'.

La Danza finisce e torna il silenzio.

Per un attimo i nostri occhi s'incontrano
non è difficile leggere nei cuori altrui
difficile è toccarli, quei cuori,
perché spesso sono chiusi.

Pensieri profondi?

Lungi da noi
che nessuno sappia che noi fate
ne siamo capaci.

Nel bosco torna il silenzio.

L'alba è ormai prossima.

Anonimo

 

     Per monti e burroni,
per siepi e giardini,
tra fiori e tra spini,
tra flutti e tra tuoni,
più lieve d'un raggio
del sole di maggio
volando viaggio
al comando della divina
che delle Fate è la regina.

D'una primula dorata
nella campanula fatata
troverò nascosta
la stilla incantata.

Shakespeare

da -Sogno di una notte di mezza estate-

 

     Brezza sottile,
che aumenta e si trasforma in vento, in tempesta,
ti assale, ti avvolge ti risucchia in un vortice...
Stordisce, inebria e si allontana tremula
per poi tornare più forte e impetuosa
e quando svanisce
ti lascia stordita, stanca e felice.

Anonimo

 

     Terra di fate

Valli di nebbia, fiumi tenebrosi
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora ...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.

 Edgar Allan Poe

 

 

 

 



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 Message 8 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/11/2008 11:16 AM
 

 

 

     

 

 

L'amore è simile alla rosa di macchia

L'amore è simile alla rosa di macchia,
l'amicizia assomiglia all'agrifoglio:
l'agrifoglio è scuro quando la rosa fiorisce,
ma chi è più costante nella fioritura?

La rosa di macchia è odorosa in primavera,
i suoi fiori estivi profumano l'aria;
ma aspetta che torni l'inverno:
chi si ricorderà della rosa di macchia?

Disprezza allora l'inutile corona di rose
e ricopriti della lucentezza dell'agrifoglio
che - quando dicembre rattrista la tua fronte -
ancora sa mantener verde la tua ghirlanda.

Emily Brontë

                                                                                 

                                                                                   

 
 

  

 

 

                                                                                                                                                  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

La finestra della zingara

Sembra un palcoscenico
che ha per sfondo fantasie di velluto,
cotone, raso, fregi e nastri �?BR>Un’amabile noncuranza
ha sparpagliato i piatti banali, i rosari
e ha posto al centro
un vaso scuro dal collo stretto,
boccioli di rose di carta gialli e carnati, sfarzose
rose di carta rosse e aperte �?BR>Dietro il vetro, su rigide sedie
guardano passare i camion una vecchia
rozza imperiosa ornata
da una bandana, e una bella giovane
la sua bocca un’enorme rosa sprezzante �?BR>Il coraggio
di una retorica naturale lancia verso l’arida
Hudson Street un’occasione di poesia, una poesia
casuale che dà passione alle rose,
le rose nella finestra della zingara in un vaso
blu sembrano vere, irreali
come rose vere.
Disegni a inchiostro

nero su bianco bianco
non oscurità vaga
nero definito, nero concentrato
bianco cristallino
sartiame, una linea di terra
chiodi, fili metallici
linee vive, atti di linguaggio
costellazioni di nero
di contro a “vite non vissute�?(che passano
ripassano, languiscono
rinvigoriscono insensatamente)
energia, gioiosa, terribile, rara,
una speranza, tracciata dall’uomo.

La pianta della preghiera
(Maranta Leuconeura)

La pianta della preghiera anela
al buio, che avvolga e sollevi
le sue molte mani verdi
per parlare infine, con quel gesto;
come un timido credente,
nella solitudine, infine,
con che sollievo
si inginocchia per lodarti.
Un silenzio

Tra i suoi petali la rosa trattiene ancora
poche lacrime della pioggia mattutina
che
l’ha strappata dallo stelo.
In ciascuna
brilla una venatura di
luce rossa, più scura perfino
della rosa. Le rondini blu ardesia
dalla coda di Fenice si
inseguono, straniate
in una disperata speranza, volando intorno
al poroso vaso di argilla, scuro per
l’acqua che contiene. Il silenzio
circonda i fatti. Una lingua
ancora non parlata.

 

L’inizio della Sapienza

Proverbi 9.�?0

Mi hai portata fin qui.
So tante cose. Nomi, verbi, immagini. La mia
mente
trabocca, un cassetto che non si chiude.
Indenne tra i torturati. Ignara pergamena
intatta, soltanto qualche segno leggero,
dove lo scriba
ha provato la penna.
Sono così piccola, un granello di polvere che si
muove nel mondo immenso. Il mondo un granello
di polvere nell’universo.
Stai sostenendo
l’universo? Ti sostieni
sulla mia piccolezza. Come puoi afferrarla,
come mai non
scivola via?
So così poco.
Mi hai portata fin qui.

 
Originaria meraviglia

Passano i giorni e dimentico il mistero.
Problemi insolubili e problemi che offrono
le loro particolari soluzioni, ignorate,
si accalcano e vogliono la mia attenzione,
affollano la sua anticamera con una schiera
di distrazioni, cortigiane, con
vesti colorate, berretti a sonagli.
E poi
ancora una volta il quieto mistero
mi si presenta, il frastuono della folla
recede: il mistero
che ci sia qualcosa, una qualsiasi cosa,
per non parlare del cosmo, della gioia,
[della memoria, di tutto,
invece del vuoto: e che, Oh Signore,
Creatore, Santo, Tu ancora
un’ora dopo l’altra la sostieni.



                                      

 

                                      

                                                                                                                                                  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                      

 
 
 


 
 
       

                    

La carrozza di Jane

 

La carrozza di Jane si allontana!

Con occhi luminosi dentro il nero
delle colline brulle si avvicina
la carrozza di Jane, e la più seria
delle Fate bambine segue il fiero
contorno delle rocce, e prega Iddio.
Ha lasciato la Stanza dei Bambini,
dove fu sola, e Bessie, e la malvagia
Zia Reed, e la tristezza dei misteri.

Col cuore disperato e l'occhio pronto
ha gridato che è ingiusto, non si deve
tormentare, perché indifeso, un bimbo.
Chiama il mondo a difesa, Jane Eyre!
L'hanno svegliata! Verso punizioni
tremende va la bimba derelitta,
ma che importa! Al rigore più severo
si affida: meglio assai che l'ingiustizia.
(Va la carrozza intanto dentro il nero
fiume di fango, in fretta verso Lowood!)

Oh, assai triste Collegio di Lowood!

Tortura delle mani fredde e gonfie,
dei vestiti d'estate mentre nevica.
Le orazioni, la Bibbia, nel risveglio
delle sinistre camerate, i lunghi
tavoli della fame, e verghe e stracci
da applicare sul dorso. Elena Burns
che morivi contenta, e Mary Temple,
insegnante vestita di scarlatto!

Oh, assai triste Collegio di Lowood!

Come piangeva il vento di mattina!
Per le piccine niente caminetto,
ma la predica, e un giorno Jane Eyre
è processata, per menzogna, in classe.
Ma le viene in soccorso Elena Burns,
con uno sguardo unico. E la luna
tra le nubi scintilla, sulla pura
fronte che giunge della Direttrice.
Torna presto, carrozza del mistero,
ed annulla la strada di Lowood!

L'epidemia! La splendida campagna
di maggio: e tutto questo è già il Passato.
Cerca un posto la grave giovanetta;
timidamente invia la sua domanda
al solitario Araldo della Contea.
Risponde dopo un po' la Governante
della piccola Adele. Il Posto è pronto.
Fa il suo baule in fretta, Jane Eyre.

E' arrivata stanotte, Jane Eyre!

In questa Casa non c'è mai nessuno.
Il Padrone è lontano (un tipo strambo).
La signora Fairfax è dolce e buona,
ma insipida, e l'allieva una piccina
molto vana. Talvolta al Terzo Piano
sale Jane inquieta, e sente ridere.
In quelle stanze c'è un mistero, un Drago
(si direbbe) che beve molta birra.

Dolcemente passarono tre mesi!

Poi la lettera ad Hay, la luna fredda
dell'inverno, il sentiero delle rose
ora ghiacciato... Avvolta nel mantello
sosta la giovanetta allo steccato,
sosta severa tra le bacche rosse.
Ed i torrenti ascolta, dalla valle
tutti insieme, una musica di cose...
forse per altri... non per lei saranno.

Ma il cielo è verde e il cuore coraggioso.

Ed improvviso un rombo copre tutto!

Poi il cavallo, il signore, la caduta,
il suono dei metalli e gli occhi neri,
la pelliccia, lo sguardo, la tempesta
di parole che il cuore non osava
dall'infinito tempo: "Non vi lascio
solo, non posso, dentro la brughiera,
se non vedo che il passo è già sicuro
".
E già ferito è il cuore tutto lampi
del signore violento del maniero.

"Voi piuttosto... tornate a casa... E' tardi.
Abitate laggiù... Chi siete?... E' tardi
".

Nella sala il camino già risplende
immenso, e una candela ha Jane Eyre
per ritornare nella muta stanza.
Ma il cuore ora di stelle è una miniera,
segue dei fiocchi la diurna danza
l'indomani; la Casa ha vita, ora...
il signore è in ascolto, e Jane ascolta
dalla scala il signore del maniero.
Dalla scala di quercia il suono intende:

simile a un vento ardito or va or viene!

Oh, Thornfield nella lontananza!

Nevica! Adele nello Studio gioca
con il Cane; sferruzza la Signora
Governante in tinello; le cornacchie
vanno in silenzio dalla casa al bosco.
Talora egli la incontra. Ora sorride,
ora è scortese... Pensierosa è Jane,
e guarda in alto...suona al Terzo Piano
un riso atroce. E' il Drago del Maniero,
e ha dannato il signore. In guardia, Eyre,
Bambina delle Fate! E già riparte
col cuore a pezzi verso la brughiera.
E il signore è sparito, l'incantata
Thornfield è sparita, e solo resta
questa carrozza, e corre alla Brughiera,
e qui Jane abbandona. E' vinta, Jane,
non rivedrà la luna di gennaio,
ed il sentiero delle bacche rosse.
Non rivedrà colui che tanto amava.

Chi l'ha detto? Oh, Signore della luna,
dell'Universo (casa di Demoni),
splendi nel buio, salva la fanciulla
miracolosa, salva Jane Eyre!

"Ed uno apparve come uno stellato",
è scritto nel romanzo (dal tedesco);
sotto la pioggia appare il buon Pastore
John Rivers, e la guida nella casa
povera, ma piccina. Hannah il pane
prepara, e le signore accanto al fuoco
leggono nella Bibbia. Questa Jane
subito è cara. Che riposo il latte,
il lettino, le tenere canzoni.

E rivede - la bimba - le sorelle
della sua vita nera. E grande festa
si appresta, di Natale, in quelle stanze.
Le adorna. E ne debella la miseria
col denaro dell'Isola. Ma il cuore
lasciò alla luna di gennaio, al grande
splendore di quegli occhi irati e neri.
E lì vuole tornare, lì è la vita,
lì il dolore. E riparte Jane Eyre,
in carrozza, attraverso la brughiera.
Riparte per raggiungere il signore,
e calmarlo col riso del suo amore.

La carrozza si ferma. E' la Foresta
di Ferndean. Discende Jane Eyre,
e ritrova colui che l'ha ferita,
ferito nello sguardo e nella mano
che operò il male. E subito, in ginocchio,
accende il fuoco, e rapidi ritocchi
dà alla testa selvaggia. Edy sorride
di nuovo, è sano, in piedi, benedice,
con la sua fata, il Sole della vita!

E riparte di nuovo la carrozza
di Jane, e ancora tuona verso noi,
e si ferma, e riparte. E gli sportelli
sbattono. E Jane è qui. Come la vita!

Vieni, Jane. Soccorrici. Il signore
del tuo cuore non perdere, ma noi
aiuta aiuta aiuta dolce Jane!
Che la carrozza, bimba del coraggio,
sempre ritorni in questo mondo cupo,
che le luci compaiano e dispaiano,
rosso ricordo della fanciullezza
della speranza e della giovinezza.

Dolce Jane, ti sia fratello il cielo
con le sue stelle immense, e il vento e il fuoco
improvviso di case e di castelli.
Sempre Jane immortale tu soccorri
quanti fanciulli sono asserragliati
in carceri di neve, di terrore,
assediati da spettri e da solenne
solitudine, ed odio di stranieri.

Dolce Jane, alla luce di ogni inverno,
sali nella carrozza del mistero,
della purezza, l'animo e il coraggio,
e vieni a visitare la brughiera
del mondo. Siamo soli. Il vento geme
sopra l'arida terra; a nembi giunge
nel deserto l'azzurro del dolore
di fanciulli e di spiriti legati.

Ferma la tua carrozza, Jane Eyre!

Canto di ruote! Io qui nel libro leggo,
o il romanzo è caduto? Dormo? Veglio?
Che luna è questa, questo immenso chiaro?
Albeggia, forse? Sei tu dunque, Jane?

Dormo soltanto! E il canto si allontana!

                   (Una poetica sintesi di Jane Eyre)                          MIO PRIMO AMORE PALLIDO RAGAZZO
Mio primo amore, pallido ragazzo
una mattina calda: ancora ascolto
il battito del cuore nella gola,
ancora il male sento, il male - bene,
ancora nelle vene
passa il turbato ansare.
Dolore di uno sguardo
fanciullesco, piacere
che strazia di uno sguardo
indifferente sopra noi posato!
E fu breve la cosa. E presto uscita
sui verdi prati, avidamente il male -
bene pensavo, e quanto
l'avrei portato nel mio triste cuore.

                                                                            
                                                                                                                                                  

                                                                                                                                                                                      
 

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 Message 9 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/11/2008 11:38 AM

 

  Grazie per il bel video su Van Gogh, e per la tua presenza qui.

Buona domenica!   

 

Vincent

Notte stellata,
intingi il tuo pennello nel blu e nel grigio, 
e aspetta un giorno d’estate,
con occhi che conoscono l’oscurità nella mia anima.
Ombre sulle colline
tratteggiano alberi e giunchiglie.
Cattura la brezza e il gelo invernale
nei colori sul terreno ammantato di neve.

Ora capisco
cosa cercavi di dirmi
e come soffrivi della tua ragione
e come cercavi di liberarli.
Ma loro non ascoltavano, non sapevano come
forse ascolteranno ora.

Notte di stelle,
fiori fiammeggianti di un brillìo che avvampa,
nubi vorticanti nella foschia violetta
si riflettono negli occhi blu porcellana di Vincent.
Colori che cambiano sfumatura,
aurore nei campi di grano ambrato che matura,
facce consunte segnate dal dolore
trovano riscatto nella mano amorevole dell'artista.

Perché loro non sapevano amarti,
eppure il tuo amore era sincero
e quando non si vedeva più nessuna speranza
in quella notte di stelle
ti sei tolto la vita come spesso fanno gli amanti.
Ma avrei potuto dirti , Vincent ,
che questo mondo non è mai stato creato
per uno bello come te.

Notte di stelle,
ritratti appesi nelle sale vuote,
teste senza cornice su pareti senza nome,
con occhi che scrutano il mondo e non sanno dimenticare
come gli sconosciuti che hai incontrato
uomini laceri in abiti stracciati.
Una spina d’argento, una rosa di sangue
restano schiacciate e rotte sulla neve immacolata.

Ora credo di sapere cosa cercavi di dirmi
e come soffrivi della tua ragione
e come cercavi di liberarli.
Ma loro non ascoltavano, non ascoltano ancora,
forse non lo faranno mai �?BR>

 

                     

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Lasker Schuller Else - 1869 - 1945

 

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Un vecchio tappeto tibetano

 
L'anima tua, che ama la mia, con lei
è tessuta nel Tibet del tappeto.

Raggio in raggio, colori innamorati,
stelle che corteggiandosi si rincorsero in cielo.

Posano i nostri piedi sul prezioso,
a mille e mille maglie di distanza.

Dolce figlio del Lama sopra il trono muschiato,
da quanto la tua bocca già mi bacia la bocca,
e la guancia la guancia
nei tempi dell'intreccio variopinto?

 
 

 
Un canto d'amore

Da quando non ci sei,
è oscura la città.

Io raccolgo le ombre delle palme
sotto cui camminasti.

Sempre devo cantare a bocca chiusa
la melodia che pende sorridendo dai rami.

M'ami di nuovo -
a chi dire il mio incanto?

A un'orfana o a un nuziale convitato,
che ode in eco la felicità.

So sempre
quando tu pensi a me -

bimbo mi si fa il cuore
e grida.

A ogni porta di strada
mi fermo e sogno;

aiuto il sole a dipingere
la tua bellezza a ogni muro di casa.

Ma all'immagine tua
mi faccio scarna.

Mi stringo attorno a slanciate colonne,
finché vacillano.

Dappertutto il creato,
i fiori del nostro sangue.

Ci immergiamo nel muschio sacro che
vien dalla lana degli agnelli d'oro.

Se sulla lontananza
che ci divide

una tigre tendesse
il suo corpo, come a vicina stella!

Presto
sul mio viso è il tuo fiato.
 
 
 
 
 
Te solo

In una cinta di nuvole il cielo
porta la curva luna.

Sotto l'icona-falce
nella tua mano voglio riposare.

Il mio volere dev'essere sempre
quello della tempesta - sono un mare
senza riva.

           Pure dacché tu cerchi
le mie conchiglie, il cuore mi risplende.

Giace
sul mio fondo, incantato.

Forse è il mondo il mio cuore,
bussa -

        E te solo ormai cerca -
Come devo chiamarti?
 
 
 
 
 
In segreto, di notte

Ho scelto te fra tutte le stelle
E sono sveglia - un fiore in ascolto
nel fogliame che mormora.
Le nostre labbra preparano miele
le nostre notti lucenti sono fiorite
Sull'amato splendore del tuo petto
il mio cuore incendia il suo paradiso.
Tutti i miei sogni son sospesi al tuo oro.
Ho scelto te, fra tutte le stelle.

 
 
 
Congedo

La pioggia ha ripulito gli erti muri di case,
io scrivo sopra l'arco di pietra bianca
e lievemente sento
rafforzarsi la mano stanca ai versi
d'amore, dolci etemi ingannatori.

Io veglio nella notte tempestosa sui flutti alti
E sfuggii forse alla mano amorosa
del mio angelo: ho ingannato il mondo, e il mare
Vicino alle conchiglie, nella sabbia,
ho sepolto la salma.

Leviamo gli occhi ad un unico cielo -
e ci invidiamo la terra?
Perché Dio balenando ha trasmigrato ad Oriente
travolto dall'immagine delle sue creature?

Io veglio nella notte tempestosa sui flutti alti del mare!
E quel che mi unì al giorno di riposo
della Sua creazione, è come un tardo stormo d'aquile
sparito in questo buio minaccioso.

 
 
 
 
Il mio pianoforte azzurro

Ho a casa un pianoforte azzurro,
ma non ne so le note.

Da quando s'è abbrutito il mondo,
sta giù in cantina al buio.

Suonavano le stelle a quattro mani
- la dama luna cantava in barca -
ora allo strimpellìo ballano i ratti.

Spezzata è la tastiera...
Piango l'azzurra morta.

Aprite a me, cari angeli,
- il pane amaro mangiai -
a me da viva la porta del cielo -
anche contro il divieto.

 
 
 

Ruth

E tu mi cerchi davanti alle siepi.
Sento
sospirare i tuoi passi -
e i miei occhi son grevi gocce oscure.

Mi fioriscono dolci nell'anima i tuoi sguardi,
e si colmano
quando i miei occhi migrano nel sonno.

C'è un angelo alla fonte
della mia patria: canta
il canto del mio amore,
la canzone di Ruth.
 
 
 
 
 
Separazione

In una notte fiammante di stelle
ho fatto perdere la vita all'uomo
a me vicino.
E quando il sangue suo verso il mattino
scòrse tubando,
il suo destino mi guardò sinistro.
 
 
 
 
 
Fine del mondo

C'è un piangere nel mondo, come se
fosse morto il buon Dio,
e l'ombra plumbea che giù cade pesa
con gravezza di tomba.

Nascondiamoci, vieni, più vicini,
la vita giace in ogni cuore come
dentro una bara.

Tu! baciamoci forte -
bussa al mondo un anelito, di cui
noi dobbiamo morire.
 
 
 
 

Al cavaliere d'oro

 

Sei tutto ciò che è d’oro

nel grande mondo.

Io cerco le tue stelle

e non voglio dormire.

Vogliamo coricarci tra le siepi,

e mai più rialzarci -

baciare dolci sogni

che ci nascono in mano.

Rose coglie il mio cuore

dalla tua bocca.

Ti amano i miei occhi, e tu ne insegui

lo svolìo di farfalle.

Che cosa fare, se

tu non ci sei.

Neve nera mi goccia dalle palpebre;

morta io, gioca tu con la mia anima.

    
 
 
Zebaoth


ti amo nella tua veste
di rose, o Dio,
se esci dai giardini, Zebaoth,
giovane Dio, poeta,
io suggo i tuoi profumi in solitudine.

la primizia del sangue fu nostalgia di te,
e dunque vieni,
o dolce Dio,
Dio compagno di giochi,
quasta mia nostalgia discioglie l'oro della tua porta
 

 
 

                                                            

 

12 Days Of Christmas

A Child Is Born

All I Want For Christmas Is My Two Front Teeth

Away In A Manger

Ave Maria

Blue Christmas

Carol Of The Bells

Chestnuts Roasting On An Open Fire

Dance Of The Sugar Plum Faries

Deck the Halls

Do You Hear What I Hear

Frosty The Snowman

God Rest Ye Merry Gentleman

Grandma Got Run Over By A Reindeer

Hard Candy Christmas

Have Yourself A Merry Little Christmas

I Saw Mommy Kissing Santa Clause

I'll Be Home For Christmas

Jingle Bell Rock

Jingle Bells

Joy To The World

Let It Snow

Little Drummer Boy

No Place Like Home For The Holidays

O Come All Ye Faithful

O Holy Night

O Little Town of Bethlehem

Pretty Paper

Rockin Around The Christmas Tree

Rudolph The Red Nosed Reindeer

Silent Night

So This Is Christmas

What Child Is This

White Christmas


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 Message 10 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/11/2008 11:56 PM
 

 

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  Bouquets fleuris

 

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 Message 11 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/12/2008 12:23 AM
 

 

Et bien voilà

         

          

 

 
 

 

 

 

 

 

 

   

 

 
 
 
 
 

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 Message 12 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/12/2008 12:53 AM
 

 

   

  

  

  

  

  

  

  

 
 
 

 

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 Message 13 of 13 in Discussion 
From: MSN Nickname©Nonna_AngelaSent: 11/25/2008 1:10 AM
 

 

 

 


 

 

 

 

  



 

 
 


 


 


 

 

 

  
 


 

 

 

 

 

 


 

 

 

        

 

 

 
 

   


 

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