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E' ARRIVATO IL FREDDO! | | | | | |
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La carrozza di Jane La carrozza di Jane si allontana! Con occhi luminosi dentro il nero delle colline brulle si avvicina la carrozza di Jane, e la più seria delle Fate bambine segue il fiero contorno delle rocce, e prega Iddio. Ha lasciato la Stanza dei Bambini, dove fu sola, e Bessie, e la malvagia Zia Reed, e la tristezza dei misteri. Col cuore disperato e l'occhio pronto ha gridato che è ingiusto, non si deve tormentare, perché indifeso, un bimbo. Chiama il mondo a difesa, Jane Eyre! L'hanno svegliata! Verso punizioni tremende va la bimba derelitta, ma che importa! Al rigore più severo si affida: meglio assai che l'ingiustizia. (Va la carrozza intanto dentro il nero fiume di fango, in fretta verso Lowood!) Oh, assai triste Collegio di Lowood! Tortura delle mani fredde e gonfie, dei vestiti d'estate mentre nevica. Le orazioni, la Bibbia, nel risveglio delle sinistre camerate, i lunghi tavoli della fame, e verghe e stracci da applicare sul dorso. Elena Burns che morivi contenta, e Mary Temple, insegnante vestita di scarlatto! Oh, assai triste Collegio di Lowood! Come piangeva il vento di mattina! Per le piccine niente caminetto, ma la predica, e un giorno Jane Eyre è processata, per menzogna, in classe. Ma le viene in soccorso Elena Burns, con uno sguardo unico. E la luna tra le nubi scintilla, sulla pura fronte che giunge della Direttrice. Torna presto, carrozza del mistero, ed annulla la strada di Lowood! L'epidemia! La splendida campagna di maggio: e tutto questo è già il Passato. Cerca un posto la grave giovanetta; timidamente invia la sua domanda al solitario Araldo della Contea. Risponde dopo un po' la Governante della piccola Adele. Il Posto è pronto. Fa il suo baule in fretta, Jane Eyre. E' arrivata stanotte, Jane Eyre! In questa Casa non c'è mai nessuno. Il Padrone è lontano (un tipo strambo). La signora Fairfax è dolce e buona, ma insipida, e l'allieva una piccina molto vana. Talvolta al Terzo Piano sale Jane inquieta, e sente ridere. In quelle stanze c'è un mistero, un Drago (si direbbe) che beve molta birra. Dolcemente passarono tre mesi! Poi la lettera ad Hay, la luna fredda dell'inverno, il sentiero delle rose ora ghiacciato... Avvolta nel mantello sosta la giovanetta allo steccato, sosta severa tra le bacche rosse. Ed i torrenti ascolta, dalla valle tutti insieme, una musica di cose... forse per altri... non per lei saranno. Ma il cielo è verde e il cuore coraggioso. Ed improvviso un rombo copre tutto! Poi il cavallo, il signore, la caduta, il suono dei metalli e gli occhi neri, la pelliccia, lo sguardo, la tempesta di parole che il cuore non osava dall'infinito tempo: "Non vi lascio solo, non posso, dentro la brughiera, se non vedo che il passo è già sicuro". E già ferito è il cuore tutto lampi del signore violento del maniero. "Voi piuttosto... tornate a casa... E' tardi. Abitate laggiù... Chi siete?... E' tardi". Nella sala il camino già risplende immenso, e una candela ha Jane Eyre per ritornare nella muta stanza. Ma il cuore ora di stelle è una miniera, segue dei fiocchi la diurna danza l'indomani; la Casa ha vita, ora... il signore è in ascolto, e Jane ascolta dalla scala il signore del maniero. Dalla scala di quercia il suono intende: simile a un vento ardito or va or viene! Oh, Thornfield nella lontananza! Nevica! Adele nello Studio gioca con il Cane; sferruzza la Signora Governante in tinello; le cornacchie vanno in silenzio dalla casa al bosco. Talora egli la incontra. Ora sorride, ora è scortese... Pensierosa è Jane, e guarda in alto...suona al Terzo Piano un riso atroce. E' il Drago del Maniero, e ha dannato il signore. In guardia, Eyre, Bambina delle Fate! E già riparte col cuore a pezzi verso la brughiera. E il signore è sparito, l'incantata Thornfield è sparita, e solo resta questa carrozza, e corre alla Brughiera, e qui Jane abbandona. E' vinta, Jane, non rivedrà la luna di gennaio, ed il sentiero delle bacche rosse. Non rivedrà colui che tanto amava. Chi l'ha detto? Oh, Signore della luna, dell'Universo (casa di Demoni), splendi nel buio, salva la fanciulla miracolosa, salva Jane Eyre! "Ed uno apparve come uno stellato", è scritto nel romanzo (dal tedesco); sotto la pioggia appare il buon Pastore John Rivers, e la guida nella casa povera, ma piccina. Hannah il pane prepara, e le signore accanto al fuoco leggono nella Bibbia. Questa Jane subito è cara. Che riposo il latte, il lettino, le tenere canzoni. E rivede - la bimba - le sorelle della sua vita nera. E grande festa si appresta, di Natale, in quelle stanze. Le adorna. E ne debella la miseria col denaro dell'Isola. Ma il cuore lasciò alla luna di gennaio, al grande splendore di quegli occhi irati e neri. E lì vuole tornare, lì è la vita, lì il dolore. E riparte Jane Eyre, in carrozza, attraverso la brughiera. Riparte per raggiungere il signore, e calmarlo col riso del suo amore. La carrozza si ferma. E' la Foresta di Ferndean. Discende Jane Eyre, e ritrova colui che l'ha ferita, ferito nello sguardo e nella mano che operò il male. E subito, in ginocchio, accende il fuoco, e rapidi ritocchi dà alla testa selvaggia. Edy sorride di nuovo, è sano, in piedi, benedice, con la sua fata, il Sole della vita! E riparte di nuovo la carrozza di Jane, e ancora tuona verso noi, e si ferma, e riparte. E gli sportelli sbattono. E Jane è qui. Come la vita! Vieni, Jane. Soccorrici. Il signore del tuo cuore non perdere, ma noi aiuta aiuta aiuta dolce Jane! Che la carrozza, bimba del coraggio, sempre ritorni in questo mondo cupo, che le luci compaiano e dispaiano, rosso ricordo della fanciullezza della speranza e della giovinezza. Dolce Jane, ti sia fratello il cielo con le sue stelle immense, e il vento e il fuoco improvviso di case e di castelli. Sempre Jane immortale tu soccorri quanti fanciulli sono asserragliati in carceri di neve, di terrore, assediati da spettri e da solenne solitudine, ed odio di stranieri. Dolce Jane, alla luce di ogni inverno, sali nella carrozza del mistero, della purezza, l'animo e il coraggio, e vieni a visitare la brughiera del mondo. Siamo soli. Il vento geme sopra l'arida terra; a nembi giunge nel deserto l'azzurro del dolore di fanciulli e di spiriti legati. Ferma la tua carrozza, Jane Eyre! Canto di ruote! Io qui nel libro leggo, o il romanzo è caduto? Dormo? Veglio? Che luna è questa, questo immenso chiaro? Albeggia, forse? Sei tu dunque, Jane? Dormo soltanto! E il canto si allontana! (Una poetica sintesi di Jane Eyre) MIO PRIMO AMORE PALLIDO RAGAZZO Mio primo amore, pallido ragazzo una mattina calda: ancora ascolto il battito del cuore nella gola, ancora il male sento, il male - bene, ancora nelle vene passa il turbato ansare. Dolore di uno sguardo fanciullesco, piacere che strazia di uno sguardo indifferente sopra noi posato! E fu breve la cosa. E presto uscita sui verdi prati, avidamente il male - bene pensavo, e quanto l'avrei portato nel mio triste cuore. | | | |
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Acqua di mare amaro che esali nella notte: verso le eterne rotte il mio destino prepara. Mare che batti come un cuore stanco violentato dalla voglia atroce di un Essere insaziato che si strugge�?/FONT> *** Une femme qui passe Andava. La vita s'apriva agli occhi profondi e sereni? Andava lasciando un mistero di sogni avverati ch'è folle sognare per noi. Solenne ed assorto il ritmo del passo scandeva il suo sogno solenne ritmico assorto. Passò. Di tra il chiasso di carri balzanti e tonanti serena è sparita. Il cuore or la segue per una via infinita per dove da canto a l'amore fiorisce l'idea. Ma pallido cerchia la vita un lontano orizzonte. La sera di fiera II cuore stasera mi disse: non sai? La rosabruna incantevole dorata da una chioma bionda: e dagli occhi lucenti e bruni colei che di grazia imperiale Incantava la rosea freschezza dei mattini: e tu seguivi nell'aria la fresca incarnazione di un mattutino sogno: e soleva vagare quando il sogno e il profumo velavano le stelle (Che tu amavi guardar dietro i cancelli Le stelle le pallide notturne): che soleva passare silenziosa e bianca come un volo di colombe Certo è morta: non sai? Era la notte di fiera della perfida Babele Salente in fasci verso un cielo affastellato un paradiso di fiamma In lubrici fischi grotteschi E tintinnare d'angeliche campanelle E gridi e voci di prostitute E pantomime d'Ofelia Stillate dall'umile pianto delle lampade elettriche Una canzonetta volgaruccia era morta E mi aveva lasciato il cuore nel dolore E me ne andavo errando senz'amore Lasciando il cuore mio di porta in porta: Con Lei che non e nata eppure è morta E mi ha lasciato il cuore senz'amore: Eppure il cuore porta nel dolore: Lasciando il cuore mio di porta in porta. *** Firenze (Canti Orfici) Entro dei ponti tuoi multicolori L'Arno presago quietamente arena E in riflessi tranquilli frange appena Archi severi tra sfiorir di fiori Azzurro l'arco dell'intercolonno trema rigato tra i palazzi eccelsi: Candide righe nell'azzurro: persi voli: su bianca gioventù in colonne. *** Donna Genovese Tu mi portasti un po' d'alga marina Nei tuoi capelli, ed un odor di vento, Che è corso di lontano e giunge grave D' ardore, era nel tuo corpo bronzino: - Oh la divina Semplicità delle tue forme snelle - Non amore non spasimo, un fantasma, Un'ombra della necessità che vaga Serena e ineluttabile per l'anima E la discioglie in gioia, in incanto serena Perché per l'infinito lo scirocco Se la possa portare. Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani! *** Sul più illustre paesaggio Ha passeggiato il ricordo Col vostro passo di pantera Sul più illustre paesaggio Il vostro passo di velluto E il vostro sguardo di vergine violata Il vostro passo silenzioso come il ricordo Affacciata al parapetto Sull'acqua corrente I vostri occhi forti di luce. *
«Vi amai per la città dove per sole strade si posa il passo illanguidito dove una pace tenera che piove a sera il cuore non sazio e non pentito volge a un’ambigua primavera in viole lontane sopra il cielo impallidito». * In un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io non potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo trovato delle rose Erano le sue rose erano le mie rose Questo viaggio chiamavamo amore Col nostro sangue e colle nostre lacrime facevamo le rose Che brillavano un momento al sole del mattino Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi Le rose che non erano le nostre rose Le mie rose le sue rose P.S. E così dimenticammo le rose. - 1917 Dino Campana era nato a Marradi, presso Faenza, il 20 agosto del 1885, da una famiglia d'estrazione piccolo borghese. Dopo il liceo, terminato faticosamente, si iscrisse alla facoltà di chimica dell’Università di Bologna, ma, come più tardi dichiarò, non comprese mai nulla dell’astruso formulario scientifico. E fu proprio a Bologna che uno psichiatra, per i sintomi palesati, definiti “nevrastenia�?dallo stesso poeta, gli diagnosticò “una forma psichica a base di esaltazione�? per la quale prescriveva riposo intellettuale, isolamento affettivo e morale e l’uso di bromuro, e che il poeta venne ripetutamente internato in manicomio. Manifestazione del suo disagio era soprattutto l’irrequietezza, che lo portava spesso a viaggiare come un nomade, incapace di collocarsi in un luogo preciso e di relazionarsi socialmente in modo stabile; per questo fu in Argentina, in Ucraina, e poi girovago per l’Italia, esercitando i mestieri più disparati, come il pianista, il poliziotto, il pompiere, il fabbro, l’operaio, economicamente sostenuto anche dalla famiglia. Nell’estate del 1914 esplose la passione per Sibilla Aleramo, trasformatasi poi da “un viaggio chiamato amore�?in vero e proprio calvario. La prima volta che le scrisse, attratto dalla donna, e lusingato dal fatto che una scrittrice famosa s’interessasse a lui, un solitario e squattrinato dalla vita simile a quella d’un barbone, e che fino ad allora aveva avuto solo la compagnia di donne di malaffare, Dino le disse: “Non mi parli del suo impegno sociale, non mi racconti del socialismo. Mi interessa lei. La passione e niente altro, tutto il resto è fuori, tutto il resto viene dopo, non importa quando�? Affascinata dalle prime lettere scambiate con lui, Sibilla andò da Dino, da “Cloche�? come talvolta amava firmarsi. Lei era bellissima, con il volto ovale, i capelli biondi, la bocca sensuale; lui aveva i capelli tra il biondo e il rosso, la pelle rosea, i baffi spioventi su labbra carnose, gli occhi cangianti: la scintilla scoccò all’istante e immediata fu tra loro anche la passione fisica. La vicenda d’amore si snodò fra alti e bassi, fra la fitta corrispondenza, i silenzi di lui, gli allontanamenti ora dell’uno ora dell’altro, le liti, le riappacificazioni, il peggioramento dei disturbi nervosi, le suppliche di entrambi per una riconciliazione, gli arresti di Dino continuamente scambiato per un tedesco, fino all’ultimo fermo, quello che lo condusse nel manicomio di San Salvi. Fu Sibilla a troncare la relazione con Dino, romantico, fragile, ma anche violento, geloso del passato che lei non gli nascondeva, e instabile (nella stessa giornata scriveva �?Cara signora, spero che lei abbia capito che tra noi è finita�?e poi, tre ore dopo, ”Amore mio, mi manchi, ti prego, vieni da me�? e pervaso da una carica autodistruttiva alla quale lei, ansiosa di vivere, non volle mai piegarsi. Fu davanti al cancello del manicomio che terminò definitivamente il doloroso viaggio chiamato amore. Scrisse Sibilla: “L’ho riveduto così, dopo nove mesi, attraverso una doppia grata a maglia. Non ero mai entrata in una prigione. E�?stato un colloquio di mezz’ora, i carcerieri avevan quasi l’aria di patire sentendo lui singhiozzare e vedendo me irrigidita�? Scrisse Dino: �?Mi lasci qua nelle mani dei cani senza una parola e sai quanto ti sarei grato. Altre parole non trovo. Non ho più lagrime.Perché togliermi anche l’illusione che una volta tu mi abbia amato è l’ultimo male che mi puoi fare�? Sibilla era stata il primo ed unico amore di Dino, ma anche lei lo aveva molto amato; su quell'amore la scrittrice non riuscì mai a scrivere un solo rigo, tanto grandi erano state le emozioni fra loro, e la testimonianza di quella passione restò affidata tutta al carteggio. Dino Campana morì il 1° marzo del 1932 nell’Ospedale psichiatrico di Castel Pulci, dov�?era stato internato 15 anni prima, a quarantasette anni, probabilmente per setticemia causata dal ferimento con un filo spinato durante un tentativo di fuga. | | | | | | | | | | | | | | | | | ...forse voi non sapete che quando il primo bambino ha riso per la prima volta, la sua risata si e' spezzata in mille frammenti che si sono persi nel cielo. Così sono nate le fate!!! -da Peter Pan di James M.Barrie- Fate, smettete le vostre canzoni, e le mie bianche campane ascoltate: voi li sentite, quei suoni lontani? E quel che dicono, voi lo sapete? Sono campane di neve che spuntano dai loro gambi, e dolci suonano: parlano forse di quel paese dove ogni cosa è bella e cortese? Cicely Mary Barker The song of the Lily of the Valley Fairy La danza delle fate
Notte di luna piena.
Il bosco risplende di un'aerea fosforescenza.
Avanzano le fate verso il centro del Cerchio in sincronia, avvolte dai riflessi delle stelle sulle loro ali.
Una nota di flauto rompe il silenzio, colpi sordi di tamburi le fate alzano le mani al cielo piano inizia il loro ballo in onde flessuose i loro piccoli corpi si muovono al ritmo di suoni dimenticati; battono i piedi leggeri sull'erba, passi cadenzati per la Danza delle Fate.
Volano in alto i nostri cuori nostra è la vita e nostro l'amore nulla ci tocca per più di un respiro viviamo al limite dell'umana follia.
Sogni, desideri, indecenti languori scateniamo nei cuori di uomini e dei.
Nostre le fronde del bosco di notte nessuna di noi sa cosa è tristezza viviamo prive di ogni saggezza allegria e risate la nostra salvezza.
A noi nulla e nessuno comanda libertà è la nostra filosofia della ragione non seguiamo la via ora piangiamo, ora ridiamo viviamo ogni istante della vita come fosse l'ultimo o l'eternità.
Uniamo gli opposti, disfiamo le trame, balliamo e giochiamo da notte a mattina.
Le braccia, le gambe in un ritmo sfrenato, per noi primavera è sempre vicina.
Festeggiamo ogni istante non fa differenza buona o cattiva questa è la vita.
I fianchi, la testa, i nostri capelli onde di un mare, mare fatato.
Sappiamo anche noi cos'è la tristezza l'angoscia, la morte, il desiderio, la pazzia; ma tutto finisce e tutto ritorna ogni pensiero arriva lontano.
Voliamo incontro alla madre Luna e al mattino padre Sole sarà la nostra meta.
Ogni rimpianto, ogni rimorso dalla nostra anima viene lavato via.
Perché noi sappiamo volare oltre il cielo e ancora più su nei sogni degli uomini nelle lacrime degli ultimi conosciamo segreti che mai voce ha rivelato i segreti del vostro cuore.
La musica si fa dolce la notte se ne va'.
La Danza finisce e torna il silenzio.
Per un attimo i nostri occhi s'incontrano non è difficile leggere nei cuori altrui difficile è toccarli, quei cuori, perché spesso sono chiusi.
Pensieri profondi?
Lungi da noi che nessuno sappia che noi fate ne siamo capaci.
Nel bosco torna il silenzio.
L'alba è ormai prossima. Anonimo Per monti e burroni, per siepi e giardini, tra fiori e tra spini, tra flutti e tra tuoni, più lieve d'un raggio del sole di maggio volando viaggio al comando della divina che delle Fate è la regina.
D'una primula dorata nella campanula fatata troverò nascosta la stilla incantata. Shakespeare da -Sogno di una notte di mezza estate- Brezza sottile, che aumenta e si trasforma in vento, in tempesta, ti assale, ti avvolge ti risucchia in un vortice... Stordisce, inebria e si allontana tremula per poi tornare più forte e impetuosa e quando svanisce ti lascia stordita, stanca e felice. Anonimo Terra di fate
Valli di nebbia, fiumi tenebrosi e boschi che somigliano alle nuvole: poi che tutto è coperto dalle lacrime nessuno può distinguerne le forme. Enormi lune sorgono e tramontano ancora, ancora, ancora ... in ogni istante della notte inquiete, in un mutare incessante di luogo. E così spengono la luce delle stelle col sospiro del loro volto pallido. Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare ed una più sottile delle altre (di una specie che dopo lunghe prove fu giudicata la migliore) scende giù, sempre giù, ancora giù, fin quando il suo centro si posa sulla cima di una montagna, come una corona, mentre l'immensa superficie, simile a un arazzo, s'adagia sui castelli e sui borghi (dovunque essi si trovino) e si distende su strane foreste, sulle ali dei fantasmi, sopra il mare, sulle cose che dormono e un immenso labirinto di luce le ricopre. Allora si fa profonda - profonda! - la passione del sonno in ogni cosa. Al mattino, nell'ora del risveglio, il velo della luna si distende lungo i cieli in tempesta e, come tutte le cose, rassomiglia ad un giallo albatro. Ma quella luna non è più la stessa: più non sembra una tenda stravagante. A poco a poco i suoi esili atomi si disciolgono in pioggia: le farfalle che dalla terra salgono a cercare ansiose il cielo e subito discendono (creature insoddisfatte!) ce ne portano solo una goccia sulle ali tremanti. Edgar Allan Poe | | | | | |
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L'amore è simile alla rosa di macchia L'amore è simile alla rosa di macchia, l'amicizia assomiglia all'agrifoglio: l'agrifoglio è scuro quando la rosa fiorisce, ma chi è più costante nella fioritura? La rosa di macchia è odorosa in primavera, i suoi fiori estivi profumano l'aria; ma aspetta che torni l'inverno: chi si ricorderà della rosa di macchia? Disprezza allora l'inutile corona di rose e ricopriti della lucentezza dell'agrifoglio che - quando dicembre rattrista la tua fronte - ancora sa mantener verde la tua ghirlanda. Emily Brontë
| | | | | | La finestra della zingara Sembra un palcoscenico che ha per sfondo fantasie di velluto, cotone, raso, fregi e nastri �?BR>Un’amabile noncuranza ha sparpagliato i piatti banali, i rosari e ha posto al centro un vaso scuro dal collo stretto, boccioli di rose di carta gialli e carnati, sfarzose rose di carta rosse e aperte �?BR>Dietro il vetro, su rigide sedie guardano passare i camion una vecchia rozza imperiosa ornata da una bandana, e una bella giovane la sua bocca un’enorme rosa sprezzante �?BR>Il coraggio di una retorica naturale lancia verso l’arida Hudson Street un’occasione di poesia, una poesia casuale che dà passione alle rose, le rose nella finestra della zingara in un vaso blu sembrano vere, irreali come rose vere. Disegni a inchiostro nero su bianco bianco non oscurità vaga nero definito, nero concentrato bianco cristallino sartiame, una linea di terra chiodi, fili metallici linee vive, atti di linguaggio costellazioni di nero di contro a “vite non vissute�?(che passano ripassano, languiscono rinvigoriscono insensatamente) energia, gioiosa, terribile, rara, una speranza, tracciata dall’uomo.
La pianta della preghiera (Maranta Leuconeura) La pianta della preghiera anela al buio, che avvolga e sollevi le sue molte mani verdi per parlare infine, con quel gesto; come un timido credente, nella solitudine, infine, con che sollievo si inginocchia per lodarti. Un silenzio Tra i suoi petali la rosa trattiene ancora poche lacrime della pioggia mattutina che l’ha strappata dallo stelo. In ciascuna brilla una venatura di luce rossa, più scura perfino della rosa. Le rondini blu ardesia dalla coda di Fenice si inseguono, straniate in una disperata speranza, volando intorno al poroso vaso di argilla, scuro per l’acqua che contiene. Il silenzio circonda i fatti. Una lingua ancora non parlata. L’inizio della Sapienza Proverbi 9.�?0 Mi hai portata fin qui.
So tante cose. Nomi, verbi, immagini. La mia mente trabocca, un cassetto che non si chiude.
Indenne tra i torturati. Ignara pergamena intatta, soltanto qualche segno leggero, dove lo scriba ha provato la penna.
Sono così piccola, un granello di polvere che si muove nel mondo immenso. Il mondo un granello di polvere nell’universo.
Stai sostenendo l’universo? Ti sostieni sulla mia piccolezza. Come puoi afferrarla, come mai non scivola via?
So così poco.
Mi hai portata fin qui. Originaria meraviglia Passano i giorni e dimentico il mistero. Problemi insolubili e problemi che offrono le loro particolari soluzioni, ignorate, si accalcano e vogliono la mia attenzione, affollano la sua anticamera con una schiera di distrazioni, cortigiane, con vesti colorate, berretti a sonagli. E poi ancora una volta il quieto mistero mi si presenta, il frastuono della folla recede: il mistero che ci sia qualcosa, una qualsiasi cosa, per non parlare del cosmo, della gioia, [della memoria, di tutto, invece del vuoto: e che, Oh Signore, Creatore, Santo, Tu ancora un’ora dopo l’altra la sostieni.
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La carrozza di Jane La carrozza di Jane si allontana! Con occhi luminosi dentro il nero delle colline brulle si avvicina la carrozza di Jane, e la più seria delle Fate bambine segue il fiero contorno delle rocce, e prega Iddio. Ha lasciato la Stanza dei Bambini, dove fu sola, e Bessie, e la malvagia Zia Reed, e la tristezza dei misteri. Col cuore disperato e l'occhio pronto ha gridato che è ingiusto, non si deve tormentare, perché indifeso, un bimbo. Chiama il mondo a difesa, Jane Eyre! L'hanno svegliata! Verso punizioni tremende va la bimba derelitta, ma che importa! Al rigore più severo si affida: meglio assai che l'ingiustizia. (Va la carrozza intanto dentro il nero fiume di fango, in fretta verso Lowood!) Oh, assai triste Collegio di Lowood! Tortura delle mani fredde e gonfie, dei vestiti d'estate mentre nevica. Le orazioni, la Bibbia, nel risveglio delle sinistre camerate, i lunghi tavoli della fame, e verghe e stracci da applicare sul dorso. Elena Burns che morivi contenta, e Mary Temple, insegnante vestita di scarlatto! Oh, assai triste Collegio di Lowood! Come piangeva il vento di mattina! Per le piccine niente caminetto, ma la predica, e un giorno Jane Eyre è processata, per menzogna, in classe. Ma le viene in soccorso Elena Burns, con uno sguardo unico. E la luna tra le nubi scintilla, sulla pura fronte che giunge della Direttrice. Torna presto, carrozza del mistero, ed annulla la strada di Lowood! L'epidemia! La splendida campagna di maggio: e tutto questo è già il Passato. Cerca un posto la grave giovanetta; timidamente invia la sua domanda al solitario Araldo della Contea. Risponde dopo un po' la Governante della piccola Adele. Il Posto è pronto. Fa il suo baule in fretta, Jane Eyre. E' arrivata stanotte, Jane Eyre! In questa Casa non c'è mai nessuno. Il Padrone è lontano (un tipo strambo). La signora Fairfax è dolce e buona, ma insipida, e l'allieva una piccina molto vana. Talvolta al Terzo Piano sale Jane inquieta, e sente ridere. In quelle stanze c'è un mistero, un Drago (si direbbe) che beve molta birra. Dolcemente passarono tre mesi! Poi la lettera ad Hay, la luna fredda dell'inverno, il sentiero delle rose ora ghiacciato... Avvolta nel mantello sosta la giovanetta allo steccato, sosta severa tra le bacche rosse. Ed i torrenti ascolta, dalla valle tutti insieme, una musica di cose... forse per altri... non per lei saranno. Ma il cielo è verde e il cuore coraggioso. Ed improvviso un rombo copre tutto! Poi il cavallo, il signore, la caduta, il suono dei metalli e gli occhi neri, la pelliccia, lo sguardo, la tempesta di parole che il cuore non osava dall'infinito tempo: "Non vi lascio solo, non posso, dentro la brughiera, se non vedo che il passo è già sicuro". E già ferito è il cuore tutto lampi del signore violento del maniero. "Voi piuttosto... tornate a casa... E' tardi. Abitate laggiù... Chi siete?... E' tardi". Nella sala il camino già risplende immenso, e una candela ha Jane Eyre per ritornare nella muta stanza. Ma il cuore ora di stelle è una miniera, segue dei fiocchi la diurna danza l'indomani; la Casa ha vita, ora... il signore è in ascolto, e Jane ascolta dalla scala il signore del maniero. Dalla scala di quercia il suono intende: simile a un vento ardito or va or viene! Oh, Thornfield nella lontananza! Nevica! Adele nello Studio gioca con il Cane; sferruzza la Signora Governante in tinello; le cornacchie vanno in silenzio dalla casa al bosco. Talora egli la incontra. Ora sorride, ora è scortese... Pensierosa è Jane, e guarda in alto...suona al Terzo Piano un riso atroce. E' il Drago del Maniero, e ha dannato il signore. In guardia, Eyre, Bambina delle Fate! E già riparte col cuore a pezzi verso la brughiera. E il signore è sparito, l'incantata Thornfield è sparita, e solo resta questa carrozza, e corre alla Brughiera, e qui Jane abbandona. E' vinta, Jane, non rivedrà la luna di gennaio, ed il sentiero delle bacche rosse. Non rivedrà colui che tanto amava. Chi l'ha detto? Oh, Signore della luna, dell'Universo (casa di Demoni), splendi nel buio, salva la fanciulla miracolosa, salva Jane Eyre! "Ed uno apparve come uno stellato", è scritto nel romanzo (dal tedesco); sotto la pioggia appare il buon Pastore John Rivers, e la guida nella casa povera, ma piccina. Hannah il pane prepara, e le signore accanto al fuoco leggono nella Bibbia. Questa Jane subito è cara. Che riposo il latte, il lettino, le tenere canzoni. E rivede - la bimba - le sorelle della sua vita nera. E grande festa si appresta, di Natale, in quelle stanze. Le adorna. E ne debella la miseria col denaro dell'Isola. Ma il cuore lasciò alla luna di gennaio, al grande splendore di quegli occhi irati e neri. E lì vuole tornare, lì è la vita, lì il dolore. E riparte Jane Eyre, in carrozza, attraverso la brughiera. Riparte per raggiungere il signore, e calmarlo col riso del suo amore. La carrozza si ferma. E' la Foresta di Ferndean. Discende Jane Eyre, e ritrova colui che l'ha ferita, ferito nello sguardo e nella mano che operò il male. E subito, in ginocchio, accende il fuoco, e rapidi ritocchi dà alla testa selvaggia. Edy sorride di nuovo, è sano, in piedi, benedice, con la sua fata, il Sole della vita! E riparte di nuovo la carrozza di Jane, e ancora tuona verso noi, e si ferma, e riparte. E gli sportelli sbattono. E Jane è qui. Come la vita! Vieni, Jane. Soccorrici. Il signore del tuo cuore non perdere, ma noi aiuta aiuta aiuta dolce Jane! Che la carrozza, bimba del coraggio, sempre ritorni in questo mondo cupo, che le luci compaiano e dispaiano, rosso ricordo della fanciullezza della speranza e della giovinezza. Dolce Jane, ti sia fratello il cielo con le sue stelle immense, e il vento e il fuoco improvviso di case e di castelli. Sempre Jane immortale tu soccorri quanti fanciulli sono asserragliati in carceri di neve, di terrore, assediati da spettri e da solenne solitudine, ed odio di stranieri. Dolce Jane, alla luce di ogni inverno, sali nella carrozza del mistero, della purezza, l'animo e il coraggio, e vieni a visitare la brughiera del mondo. Siamo soli. Il vento geme sopra l'arida terra; a nembi giunge nel deserto l'azzurro del dolore di fanciulli e di spiriti legati. Ferma la tua carrozza, Jane Eyre! Canto di ruote! Io qui nel libro leggo, o il romanzo è caduto? Dormo? Veglio? Che luna è questa, questo immenso chiaro? Albeggia, forse? Sei tu dunque, Jane? Dormo soltanto! E il canto si allontana! (Una poetica sintesi di Jane Eyre) MIO PRIMO AMORE PALLIDO RAGAZZO Mio primo amore, pallido ragazzo una mattina calda: ancora ascolto il battito del cuore nella gola, ancora il male sento, il male - bene, ancora nelle vene passa il turbato ansare. Dolore di uno sguardo fanciullesco, piacere che strazia di uno sguardo indifferente sopra noi posato! E fu breve la cosa. E presto uscita sui verdi prati, avidamente il male - bene pensavo, e quanto l'avrei portato nel mio triste cuore. | | | |
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Grazie per il bel video su Van Gogh, e per la tua presenza qui. Buona domenica! Vincent Notte stellata, intingi il tuo pennello nel blu e nel grigio, e aspetta un giorno d’estate, con occhi che conoscono l’oscurità nella mia anima. Ombre sulle colline tratteggiano alberi e giunchiglie. Cattura la brezza e il gelo invernale nei colori sul terreno ammantato di neve.
Ora capisco cosa cercavi di dirmi e come soffrivi della tua ragione e come cercavi di liberarli. Ma loro non ascoltavano, non sapevano come forse ascolteranno ora.
Notte di stelle, fiori fiammeggianti di un brillìo che avvampa, nubi vorticanti nella foschia violetta si riflettono negli occhi blu porcellana di Vincent. Colori che cambiano sfumatura, aurore nei campi di grano ambrato che matura, facce consunte segnate dal dolore trovano riscatto nella mano amorevole dell'artista.
Perché loro non sapevano amarti, eppure il tuo amore era sincero e quando non si vedeva più nessuna speranza in quella notte di stelle ti sei tolto la vita come spesso fanno gli amanti. Ma avrei potuto dirti , Vincent , che questo mondo non è mai stato creato per uno bello come te.
Notte di stelle, ritratti appesi nelle sale vuote, teste senza cornice su pareti senza nome, con occhi che scrutano il mondo e non sanno dimenticare come gli sconosciuti che hai incontrato uomini laceri in abiti stracciati. Una spina d’argento, una rosa di sangue restano schiacciate e rotte sulla neve immacolata.
Ora credo di sapere cosa cercavi di dirmi e come soffrivi della tua ragione e come cercavi di liberarli. Ma loro non ascoltavano, non ascoltano ancora, forse non lo faranno mai �?BR>
| | | | | | Lasker Schuller Else - 1869 - 1945 Un vecchio tappeto tibetano L'anima tua, che ama la mia, con lei è tessuta nel Tibet del tappeto. Raggio in raggio, colori innamorati, stelle che corteggiandosi si rincorsero in cielo. Posano i nostri piedi sul prezioso, a mille e mille maglie di distanza. Dolce figlio del Lama sopra il trono muschiato, da quanto la tua bocca già mi bacia la bocca, e la guancia la guancia nei tempi dell'intreccio variopinto? Un canto d'amore Da quando non ci sei, è oscura la città. Io raccolgo le ombre delle palme sotto cui camminasti. Sempre devo cantare a bocca chiusa la melodia che pende sorridendo dai rami. M'ami di nuovo - a chi dire il mio incanto? A un'orfana o a un nuziale convitato, che ode in eco la felicità. So sempre quando tu pensi a me - bimbo mi si fa il cuore e grida. A ogni porta di strada mi fermo e sogno; aiuto il sole a dipingere la tua bellezza a ogni muro di casa. Ma all'immagine tua mi faccio scarna. Mi stringo attorno a slanciate colonne, finché vacillano. Dappertutto il creato, i fiori del nostro sangue. Ci immergiamo nel muschio sacro che vien dalla lana degli agnelli d'oro. Se sulla lontananza che ci divide una tigre tendesse il suo corpo, come a vicina stella! Presto sul mio viso è il tuo fiato. Te solo In una cinta di nuvole il cielo porta la curva luna. Sotto l'icona-falce nella tua mano voglio riposare. Il mio volere dev'essere sempre quello della tempesta - sono un mare senza riva. Pure dacché tu cerchi le mie conchiglie, il cuore mi risplende. Giace sul mio fondo, incantato. Forse è il mondo il mio cuore, bussa - E te solo ormai cerca - Come devo chiamarti? In segreto, di notte
Ho scelto te fra tutte le stelle E sono sveglia - un fiore in ascolto nel fogliame che mormora. Le nostre labbra preparano miele le nostre notti lucenti sono fiorite Sull'amato splendore del tuo petto il mio cuore incendia il suo paradiso. Tutti i miei sogni son sospesi al tuo oro. Ho scelto te, fra tutte le stelle. Congedo La pioggia ha ripulito gli erti muri di case, io scrivo sopra l'arco di pietra bianca e lievemente sento rafforzarsi la mano stanca ai versi d'amore, dolci etemi ingannatori. Io veglio nella notte tempestosa sui flutti alti E sfuggii forse alla mano amorosa del mio angelo: ho ingannato il mondo, e il mare Vicino alle conchiglie, nella sabbia, ho sepolto la salma. Leviamo gli occhi ad un unico cielo - e ci invidiamo la terra? Perché Dio balenando ha trasmigrato ad Oriente travolto dall'immagine delle sue creature? Io veglio nella notte tempestosa sui flutti alti del mare! E quel che mi unì al giorno di riposo della Sua creazione, è come un tardo stormo d'aquile sparito in questo buio minaccioso. Il mio pianoforte azzurro Ho a casa un pianoforte azzurro, ma non ne so le note. Da quando s'è abbrutito il mondo, sta giù in cantina al buio. Suonavano le stelle a quattro mani - la dama luna cantava in barca - ora allo strimpellìo ballano i ratti. Spezzata è la tastiera... Piango l'azzurra morta. Aprite a me, cari angeli, - il pane amaro mangiai - a me da viva la porta del cielo - anche contro il divieto.
Ruth E tu mi cerchi davanti alle siepi. Sento sospirare i tuoi passi - e i miei occhi son grevi gocce oscure. Mi fioriscono dolci nell'anima i tuoi sguardi, e si colmano quando i miei occhi migrano nel sonno. C'è un angelo alla fonte della mia patria: canta il canto del mio amore, la canzone di Ruth. Separazione In una notte fiammante di stelle ho fatto perdere la vita all'uomo a me vicino. E quando il sangue suo verso il mattino scòrse tubando, il suo destino mi guardò sinistro. Fine del mondo C'è un piangere nel mondo, come se fosse morto il buon Dio, e l'ombra plumbea che giù cade pesa con gravezza di tomba. Nascondiamoci, vieni, più vicini, la vita giace in ogni cuore come dentro una bara. Tu! baciamoci forte - bussa al mondo un anelito, di cui noi dobbiamo morire. Al cavaliere d'oro Sei tutto ciò che è d’oro nel grande mondo. Io cerco le tue stelle e non voglio dormire. Vogliamo coricarci tra le siepi, e mai più rialzarci - baciare dolci sogni che ci nascono in mano. Rose coglie il mio cuore dalla tua bocca. Ti amano i miei occhi, e tu ne insegui lo svolìo di farfalle. Che cosa fare, se tu non ci sei. Neve nera mi goccia dalle palpebre; morta io, gioca tu con la mia anima. Zebaoth
ti amo nella tua veste di rose, o Dio, se esci dai giardini, Zebaoth, giovane Dio, poeta, io suggo i tuoi profumi in solitudine.
la primizia del sangue fu nostalgia di te, e dunque vieni, o dolce Dio, Dio compagno di giochi, quasta mia nostalgia discioglie l'oro della tua porta | | | | | | | | 12 Days Of Christmas A Child Is Born All I Want For Christmas Is My Two Front Teeth Away In A Manger Ave Maria Blue Christmas Carol Of The Bells Chestnuts Roasting On An Open Fire Dance Of The Sugar Plum Faries Deck the Halls Do You Hear What I Hear Frosty The Snowman God Rest Ye Merry Gentleman Grandma Got Run Over By A Reindeer Hard Candy Christmas Have Yourself A Merry Little Christmas I Saw Mommy Kissing Santa Clause I'll Be Home For Christmas Jingle Bell Rock Jingle Bells Joy To The World Let It Snow Little Drummer Boy No Place Like Home For The Holidays O Come All Ye Faithful O Holy Night O Little Town of Bethlehem Pretty Paper Rockin Around The Christmas Tree Rudolph The Red Nosed Reindeer Silent Night So This Is Christmas What Child Is This White Christmas |
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