" Ogni genio che nasce donna è perduto all'umanità "
Sofonisba Anguissola - autoritratto-
Di SIMONE DE BEAUVOIR
Nel corso della storia dell'umanità, risulta evidente che le realizzazioni femminili in tutti i campi, politico, artistico, filosofico, eccetera, sono state numericamente e qualitativamente di molto inferiori a quelle degli uomini.
Perché? Vi sarebbe, come pretendono gli antifemministi, un'inferiorità nella natura della donna che le impedirebbe di pervenire agli stessi adempimenti dell'uomo? Oppure la condizione della donna, così come la produce la società, mettendola in uno stato d'inferiorità, influisce sulle sue possibilità di realizzarsi? Ben inteso, la mia opinione è questa e vorrei spiegarne il motivo.
Vi è una scrittrice inglese molto celebre, che amo molto, Virginia Woolf. Essa ha risposto su un determinato piano alla questione che ho posto; si è chiesta sul piano letterario il motivo per cui le opere delle scrittrici inglesi siano così rare e in genere di qualità secondaria. E in un piccolo libro molto bello che si intitola «Una stanza tutta per sé» (tradotto in italiano nel 1974, ndr) risponde in modo molto semplice e penso molto vero.
La prima condizione per scrivere, consiste nell'avere una camera rutta per sé, un angolo in cui sia possibile ritirarsi per qualche ora, in cui si possa, sènza essere distratte, riflettere, scrivere, rileggere ciò che si è fatto, criticarsi, essere sole con se stesse. In altre parole, la camera è al contempo una realtà e un simbolo.
Per poter scrivere, per poter realizzare qualche cosa, occorre anzitutto appartenersi. Ora, tradizionalmente, la donna non si appartiene. Essa appartiene a suo marito, ai suoi figli. In qualunque momento, figli e marito possono chiederle una spiegazione, un aiuto, un servizio e lei è obbligata a soddisfarli. Essa appartiene alla famiglia, al gruppo, non appartiene a se stessa. In queste condizioni, scrivere è un'impresa se non impossibile, perlomeno estremamente difficile.
Virginia Woolf ha considerato l'esempio di Shakespeare. Ha supposto che al posto di Shakespeare, esattamente al suo posto, fosse nata una bambina estremamente dotata. E dimostra che sarebbe stato impossibile creare alcunché. Sarebbe rimasta a casa, avrebbe cucinato, cucito, si sarebbe sposata, avrebbe avuto dei figli; impossibile immaginare che avrebbe fatto gli stessi fatti da Shakespeare, che sarebbe divenuta un'attrice o un'autrice drammatica, non sarebbe stata Shakespeare, non sarebbe stata nulla.
Io stessa ho tentato ne «Il secondo sesso» un'analisi analoga a proposito di Van Gogh. Ho cercato di mostrare come una ragazza nata al posto di Van Gogh non avrebbe avuto le possibilità che egli ebbe; la sua vita al Borinage, i contatti sociali che gli permisero di sviluppare il suo pensiero e la sua personalità, e tutto il seguito della sua esistenza. Quindi, mi trovo del tutto d'accordo con Virginia Woolf; abbiamo detto la stessa cosa: per quanto un essere sia dotato all'inizio, se ì suoi doni non possono essere espressi a causa della sua condizione sociale, o per le circostanze che lo condizionano, questi doni resteranno sterili. Come diceva Stendhal, che era un grande femminista, in una formula molto dirompente: «Ogni genio che nasce donna è perduto all'umanità». [...]
Ancora oggi le donne hanno la tendenza, data l'enorme pressione dell'opinione pubblica, a lasciarsi convincere che non potranno mai fare nulla di importante. Vorrei che capissero che le cose non stanno del tutto così. Se esse lottano per avere delle possibilità, lottano anche per la loro realizzazione. Non devono lasciarsi intimidire dal passato, poiché in senso generale, in questo campo come in altri, il passato non può smentire l'avvenire.
Simone De Beauvoir (1908 - 1986) è stata una delle più importanti figure della cultura francese del secolo scorso. Scrittrice, saggista, attiva in politica a fianco di Jean-Paul Sartre. Tra i suoi moltissimi libri, trai più intensi del Novecento, ricordiamo «Il secondo sesso», «La terza età», «Memorie di una ragazza per bene, «L'età forte», «La forza delle cose».
Il brano sopra riportato è tratto da «Le donne e la creatività», volumetto pubblicato nel 1993 dalla casa editrice Cabiri e raccoglie alcuni interviste della scrittrice sul tema.