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RestiRecuperi : la riminizzazione comincia dove sparisce il Kursaal
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(3 recommendations so far) Message 1 of 1 in Discussion 
From: MSN Nickname°_Sea_Angel_°  (Original Message)Sent: 2/26/2006 4:16 PM
(c.p). dove adesso c'è la fontana dei Quattro cavalli, accanto
al Parco Fellini, quasi di fronte al Grand Hotel,
in fondo a viale Principe Amedeo, che è la via
che dal grattacielo, accostato alla stazione di Rimini,
conduce a Marina Centro, sorgeva lo stabilimento
balneare denominato Kursaal, della cui fine
"necessaria" narra Manlio Masini, ruperatane la storia
nella cronaca locale. Buona lettura:
 
Il Kursaal di Manlio Masini
da Manlio Masini, "Quella brutta faccenda della demolizione del Kursaal" in"Ariminum", n. 4, Rimini, Luglio/agosto 2003.
Il 9 aprile 1948 il Giornale dell'Emilia, nuova testata del vecchio Resto del Carlino, pubblica la lettera che un gruppo di cittadini ha inviato al Prefetto: "I sottoscritti cittadini di Rimini, dolorosamente sorpresi dalla improvvisa decisione della demolizione dello Stabilimento Bagni (Kursaal) di Rimini, decisione già in atto ad opera di una squadra incontrollata di operai che già procede alla demolizione e alla vendita del materiale, si rivolgono alla S. V. Ill.ma affinché col suo alto intervento ponga immediata fine a tale abuso. I sottoscritti si permettono inoltre di far rilevare che, a quanto si dice, nessuna autorità ha autorizzato la demolizione, cosicché tale monumento viene trattato alla stregua di un cumulo di macerie ed, in peggio, col fatto che mentre un qualsiasi cumulo di macerie ha un padrone che lo sorveglia, questo insigne monumento cittadino è alla mercé del primo venuto. Quello che i tedeschi hanno risparmiato e che le bombe non hanno demolito è preda di alcuni individui che lavorano alla demolizione con tutta la tranquillità nonostante il biasimo generale che si leva da ogni parte della città. Voglia la E. V. prontamente intervenire onde mettere fine a tanto scempio".
La lettera, che porta la data dell'8 aprile 1948, è l'ultimo tentativo in ordine di tempo lanciato dalle colonne dei giornali per salvare il Kursaal. Dopo questo accorato appello la distruzione dell'unico "tempio" rappresentativo della storia balneare riminese, imboccherà la strada della ufficialità e non ci sarà più nulla da fare. …�?
Il Kursaal non ha scampo. La sua colpa? Ricorda troppo la borghesia elegante e raffinata che lo ha frequentato prima della guerra, lo sfarzo delle feste da ballo, il fruscio degli abiti da sera, le orchestrine che suonavano tutta la notte e soprattutto i "fasti" del regime fascista e quell'atmosfera di esaltazione collettiva per certe avventure patriottiche. Quel "monumento", insomma, così contaminato con il passato, crea imbarazzo alla nuova classe politica, contrasta i suoi progetti, rappresenta una sorta di linea gotica da sfondare. Per poi procedere speditamente lungo "la frontiera del progresso e della giustizia sociale".
Dopo queste bellicose affermazioni è opportuno aprire una parentesi sulla storia dell'edificio. Il Kursaal - letteralmente dal tedesco "sala di cura"- viene inaugurato nell'estate del 1873 (quest'anno avremmo potuto festeggiare il suo 130° compleanno); con la piattaforma, le due palazzine municipali ad uso albergo (erette qualche anno prima) costituisce il "nuovo grandioso stabilimento balneare". Costruito sulla stessa area del precedente stabilimento (1843), al termine dello stradone dei bagni (viale Principe Amedeo), il fabbricato con le sofisticate attrezzature turistiche e gli impianti igienico-sanitari nelle sue adiacenze (mi riferisco in particolare all'Istituto idroterapico aperto nel 1876) inserisce Rimini, piccola cittadina di provincia, tra le stazioni climatiche più rinomate d'Europa.
 
Edificato tra il 1870 e il 1873 dall'ingegnere comunale Gaetano Urbani (1823-1879), progettista di un nucleo edilizio sul litorale che comprende la Capanna Svizzera, l'Idroterapico ed alcune ville, il Kursaal si presenta con la fronte principale, rivolta verso la città. La gradinata e il vestibolo a colonne che ne decorano la facciata, richiamano i motivi architettonici del "polettiano" teatro Vittorio Emanuele II (oggi Amintore Galli). Dalla parte del mare l'edificio esibisce le suggestive terrazze, che Paolo Mantegazza, direttore sanitario dell'Idroterapico chiama "babilonesi", perché offrono l'incantevole e paganeggiante panorama della spiaggia e della piattaforma. La costruzione è a due piani e nell'interno si trovano sale per la conversazione, per il gioco, per il ballo, per i concerti e per gli spettacoli teatrali; c'è anche un raffinato caffè-ristorante.
 
Frequentato in ogni ora del giorno e della notte, il Kursaal è l'ambiente più godereccio del lido, emblema della nuova città sul mare protesa verso ambiziosi progetti turistici. Il suo sfarzoso cerimoniale non ha confronti con altre piacevolezze; più di ogni altro ritrovo, è teatro del clima eccitante e romantico della bella époque e di quello scapigliato e dinamico del ventennio. Nei suoi "saloni dorati", dove nobiltà e borghesia gareggiano per il prestigio sociale, si susseguono periodicamente mostre, conferenze, concerti e balli da "Mille e una notte". Tra le serate di gala più memorabili ricordiamo il cotillon del 1906 con la presenza di Elena Bianchini Cappelli, Filippo Tommaso Marinetti, Ermete Novelli e Olga Giannini, lo strepitoso concerto diretto da Mascagni nel 1908 e soprattutto il Gran Ballo della Stampa, che ogni anno, d'estate, richiama gli esponenti più in vista della politica, dell'arte e dell'attualità. Tra i più assidui di questa spettacolare manifestazione mondana troviamo Italo Balbo, Arnaldo ed Edda Mussolini, Giovanni Gentile, Augusto Turati, Giuseppe Bottai, Alfredo Rocco, Aldo Oviglio, Leandro Arpinati.
Per vari anni, nelle sale superiori del Kursaal, ha furoreggiato anche un tabarin, e per una generazione di nottambuli in cerca di emozioni questo piccolo paradiso di perdizione con la sua musica esotica, le sue luci soffuse, i suoi morbidi divani e le sue avvenenti donnine, ha rappresentato l'espressione più sofisticata del divertimento libero e trasgressivo.
 
E' tutta questa memoria, che come patina indelebile fa parte integrante di questo "tempio della mondanità più sfrenata", che la nuova classe dirigente riminese -come ho già accennato- vuole cancellare attraverso l'utilizzo del piccone. Naturalmente le motivazioni addotte per la sua demolizione non premono il tasto di questi concetti. Sono più raffinate e nello stesso tempo più subdole, come per esempio quella di considerarlo una "bruttura", o peggio, un "baluardo sorpassato". "Un baluardo sorpassato" colpevole per di più di costituire una barriera che impedisce la vista del mare. Sembra una barzelletta, eppure proprio questa sciocca "sparata" diventa il vero motivo e quindi il pretesto, per abbattere l'ottocentesco edificio.
Nel nuovo piano regolatore di ricostruzione della marina, redatto dagli architetti Melchiorre Bega e Giuseppe Vaccaro e caldeggiato dalla giunta comunale riminese, al posto del vecchio edificio dell'Urbani, è disegnata un'area libera, attrezzata a giardini. Lo stile della costruzione -è scritto nel progetto- non armonizza con l'insieme delle opere che andranno a comporre il nuovo centro balneare�?
 
Il 31 luglio 1948 Sergio Zavoli, sul suo giornale, Città nostra, pubblica provocatoriamente due foto prese dalla stessa angolatura: in una si nota il vecchio Kursaal pieno di vita e al culmine dello splendore; nell'altra la desolazione dello spazio vuoto lasciato dopo l'entrata in funzione delle ruspe. La didascalia, parodiando il detto romano "quod non fecerunt barbari, Barberini fecerunt", recita con sarcasmo: "…quello che non han fatto i negri, l'han fatto i�?Bianchini"�?
 
Non tutti però rimpiangono il vecchio Kursaal. C'è anche chi plaude alla "geniale" impresa della sua distruzione. Sul Litorale del 10 luglio 1948 un anonimo scrive: "Scomparso il Kursaal, si è vinto in profondità. I panorami straripano. Una nuova urbanistica si fa strada. Nuovi criteri emergono, il razionale caccia via l'ornamento sprecato, lo stile moderno batte gli ultimi residui dello stile floreale�?. �?BR> 
Al di là di queste balorde farneticazioni, la "brutta faccenda" del Kursaal lascia tanto amaro in bocca e tanti sensi di colpa. Pochi hanno voglia di parlarne. A un anno di distanza, tuttavia dalle colonne de L'Ausa, nuovo quindicinale cattolico riminese, l'avvocato Pietro Ricci torna sulle "funeree ombre di quel cimitero che è sorto sulle rovine del Kursaal uscito miracolosamente illeso dai bombardamenti, ma che poi doveva soccombere sotto la illegalità di un ammaestrato gruppo di disoccupati" �?
 
Il 30 luglio 1949 il periodico cattolico allarga il tiro e punta il dito sulle "malefatte" dell'amministrazione Bianchini. "Il malgoverno di questa giunta -scrive- rimarrà negli annali della vita comunale italiana"�?
 
Il 15 maggio 1951, a sei anni dalla fine della guerra e a tre dalla demolizione del Kursaal, L'Ausa trae le conclusioni: "�?Il programma ampolloso del Comune doveva dare un volto alla nostra città, mentre non ha saputo dare che una maschera, togliendo la quale traspare in pieno la irresponsabilità, la incapacità, il favoritismo, la menzogna, la disonestà politica, l'inganno amministrativo�?. Una maschera, possiamo aggiungere, che servirà a coprire, insieme con quanto afferma il periodico cattolico, le magagne di una ricostruzione disordinata, contraddittoria e sbagliata; una maschera che darà il via alla riminizzarione della città.
 


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