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Storie by Ultimo : da Ultimometrò: ...fratelli...(signora III piano)
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From: MSN Nicknamebbmagnolia  (Original Message)Sent: 10/4/2006 9:30 AM
Da: <NOBR>Soprannome MSNultimometrò2000</NOBR>  (Messaggio originale) Inviato: 04/10/2006 0.14
Cara signora del III° piano,
                                             in genere non saluti nessuno ma quella mattina, quando ti sono passato davanti, hai accennato un sorriso, quasi come una voglia improvvisa di parlarmi. E' successo altre volte, ma solo quando ci siamo incontrati nell'atrio mentre, con i miei bagagli, stavo aspettando un taxi per partire. In queste occasioni non riesci a frenare la tua curiosità e vorresti forse sapere dove vado, e a fare cosa. Si, la tua curiosità. Solo per appagarla sei disposta a mettere da parte quell'aria di sufficienza con cui guardi gli altri, come se quell'atteggiamento ti facesse più "signora". Non so nemmeno perché mi sei venuta in mente proprio adesso e, soprattutto, in questo contesto. Ti ho vista spesso mentre ti intrattieni con quell'uomo in carrozzella. Ci parli, si con lui ci parli. Ti piace l'idea che ti vedano, quando impieghi parte del tempo della tua passeggiata, mentre scambi quattro chiacchiere con quell'uomo. Premurosa signora del III° piano! ho visto anche, però, che mai, nemmeno una volta, lo hai aiutato mentre risaliva, con enorme fatica, quel maledetto passo carraio. Ti capisco, una cosa è mostrare la propria bontà, la propria disponibilità verso i più sfortunati, altra cosa è essere scambiati per parenti o famigliari di un handicappato perché, di questo, proveresti vergogna. Spingere anche solo per pochi metri una carrozzella, alleviando a volte un tormento quotidiano, può indurre la gente in un errore che ritieni insopportabile. Ti piace suscitare l'ammirazione dovuta a quei tuoi dialoghi, a quella specie di vuota beneficenza che pratichi a tuo favore, non per i bisogni altrui, ma nessuno deve, nemmeno per un attimo, provare commiserazione o pietà per te accostando, a torto, la tua esistenza a quella di quell'essere sfortunato. Tu la pietà la vendi. E' come un vestito nuovo da sfoggiare per sentirti più ammirata e, certamente, per mostrarti come non sei. Sto guardando questi giovani soldati pakistani. Hanno polmoni come mantici infiniti e si portano in petto un cuore che sa tenere, in queste condizioni, quel ritmo pacato, continuo e ostinato, dettato dal convivere  con la fatica atavica di esistere in queste terre. Se occorre, possono marciare per settimane con pochi pugni di frumento perché, in questi luoghi difficili, sanno dove e come trovare il resto. Risalgono i sentieri giocando come ragazzini, mentre io ho il petto che mi brucia e la testa che scoppia. Si dissetano dalle sorgenti, dai rigagnoli, dalle pozze opache e io, come sto facendo ora, per non ammalarmi e forse morire, devo far bollire l'acqua che berrò domani. Cazzo! misericordiosa signora del III° piano, sono io, qui, il loro uomo in carrozzella! Su queste vette e nei villaggi ospitati giù nelle vallate, non litigano furiosamente come fai tu quando pretendi di poter sbattere le briciole della tua tovaglia sul balcone di quella di sotto. Qui non sbattono nulla, con le briciole ci campano. Da un paio di settimane questi ragazzi mi portano, seduto sulla pesante ed inutile "carrozzella" della nostra civiltà, attraverso i valichi, sui sentieri appena accennati, nei villaggi e passando i guadi, per questa  frontiera con l'Afganistan. Fanno quel lavoro alla ricerca di nemici, trafficanti e contrabbandieri invisibili e duri quanto loro. Io faccio il mio, aggregato al loro gruppo, cercando di fermare nelle immagini questa realtà per certi versi indefinibile, quasi irreale, così lontana da noi. Sono pazienti quando, esausto, mi devo fermare, ansimante, a riprendere fiato per raccogliere quell'ossigeno che mi viene a mancare, poi mi sorridono e ci incamminiamo di nuovo appena mi vedono meno in affanno e, a turno, si portano sulle spalle parte del mio materiale. Tutti, a parte il sergente e il mio interprete, sono sui vent'anni ma si muovono come veterani. Qui veterani si nasce perché, in un attimo, da cacciatore puoi diventare preda. Se occorre non fanno prigionieri ma sanno morire per un compagno. Sanno leggere il vento, le nubi, le stelle e il terreno. Sanno trovare quei tuberi, dal nome impronunciabile, che hanno il sapore del sedano. Conoscono i passaggi degli uomini e della scarsa selvaggina, le erbe per curarsi o per cucinare. Vivono tranquillamente dove noi moriremmo di stenti dopo pochi giorni. Noi, cotonata signora del III° piano, qui potremmo solo spegnerci miseramente, di sete e di fame, ricordando come si formatta un PC, ripassando nella mente le parole dei filosofi o le rime dei poeti, le leggi della fisica o i notturni di Chopin. Tutto questo qui non serve, è tutto inutile. Quanto siamo ignoranti, presuntuosa signora del III° piano!
E' ancora una terra sincera questa, spietata ed essenziale. Tu, ne sono certo, potresti definirla "barbara", ma la vera barbarie sta nell'ipocrisia dei tuoi gesti, dei miei gesti, in quel modo di apparire che ci avvelena la vita e, soprattutto, nel nostro arrogante e supposto sapere. Sto parlando con te, raffinata signora del III° piano, ma forse ti uso come una sorta di specchio per parlare anche con me stesso e con chi, magari in un momento di particolare sincerità, sa riconoscersi in un qualcosa di te o di me. Non so se al mio ritorno avrò il tempo o la voglia di trascrivere questi confusi pensieri per condividerli. Può essere che finiscano stracciati o dimenticati, su qualche dischetto nel caos della mia scrivania, come tanti altri che ho scritto per passare il tempo. Certamente, i visi, i sinceri gesti fraterni  e le voci gutturali di questi compagni, finiranno in quella sorta di galleria di umanità diverse con cui ho speso parte della mia esistenza e che continueranno a vivere nei miei irrinunciabili ricordi. Quando, rispettabile signora del III° piano, ti rivedrò mentre parli con quell'uomo, rammenterò questi anonimi, magnifici e spietati guerrieri che mi hanno spinto su, all'interno del loro mondo, a superare dozzine di durissimi "passi carrai" per il solo fatto che, diventato parte del loro gruppo, sono diventato anche un loro fratello, il loro fratello più debole e indifeso. Già fratello! e allora, ipocrita signora del III° piano, non proverò solo una pietà diversa e più consapevole per quell'uomo che stai usando, ma proverò anche una grande pena per te, e forse per tutti noi, perché il nostro mondo, così "civile", ha probabilmente perso per sempre il senso più nobile e vero di questa parola bellissima e sacra.


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