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LVdO MAGAZINE : Niet dall'Eu allaTurchia
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From: MSN NicknameLa_voce_delle_onde  (Original Message)Sent: 11/30/2006 10:04 AM
E così l'Europa ha detto no alla Turchia
 
Che posso commentare: tanto tuonò che piovve?
E cosa posso chiedermi: qual è la percezione dell'opinione pubblica europea, italiana, turca, mediterranea intorno a questa decisione? cosa ci viene detto per convincerci della bontà di questo diniego? Cosa ci viene taciuto o non spiegato?  Quanti e quali membri erano e sono veramente interessati a esprimere il Niet? E cosa posso tentare di rispondermi, dati i pochi elementi che ho, da povero/a comune cittadino/a europeo/a?
Forse che così l'hanno avuta di vinta gli estremisti che
osteggiavano l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea? Forse che così chi doveva decidere, in Europa, ha fatto loro (=agli estremisti islamici) un gran favore?
Forse che così ci si riesce a parare il.... da qualche grave minaccia che non è bene divulgare ma che incombe sull'aerea dell'euro?
A voi continuare con le domande e tentare quante più risposte possibili intorno a questa vicenda...


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(1 recommendation so far) Message 2 of 3 in Discussion 
From: MSN NicknameLa_voce_delle_ondeSent: 11/30/2006 10:31 AM
per comodità, metto qui una versione ufficiale
della notizia, che parla di SOSPENSIONE...
a voi:
(da Il Corriere della sera online):
 Il premier turco si dice sorpreso dalla decisione
Erdogan alla Ue: «Stop inaccettabile» L'esecutivo di Bruxelles chiede al Consiglio europeo di sospendere i negoziati dopo che la Turchia non ha aperto i suoi porti a Cipro 
BRUXELLES - La Turchia non ha rispettato «tutti gli obblighi concordati» per cui i negoziati per l'accesso all'Unione europea «continueranno anche se a un ritmo più lento». Con queste parole la Commissione europea ha inviato la propria raccomandazione al consiglio Ue con la quale viene rinviata la decisione sull'ingresso della Turchia nell'Unione europea.
Una decisione «inaccettabile» ha dichiarato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan a Riga, dove il premier turco si trova per il vertice della Nato, secondo quanto riferito da Ntv. Erdogan ha aggiunto che non si aspettava una decisione simile che ostacolerà i negoziati euro-turchi, iniziati nell'ottobre 2005.
Il provvedimento, adottato all'unanimità dai 25 commissari, prevede che fino a quando Ankara non accetterà di applicare l'accordo doganale anche a Cipro, la trattative saranno congelate. In particolare l'esecutivo Ue ha chiesto la sospensione di otto dei 35 capitoli in cui si articola l'iter per l'ingresso della Turchia nella Ue: riguardano la libera circolazione dei beni, il diritto di stabilimento e fornitura di servizi, i servizi finanziari, agricoltura e sviluppo rurale, pesca, trasporti, unione doganale e relazioni esterne ha elencato il commissario all'allargamento Olli Rehn, durante una conferenza stampa indetta per spiegare la decisione presa oggi dalla Commissione europea. «Nessun capitolo sarà chiuso fino a quando la Turchia non avrà ottemperato ai suoi impegni», ha aggiunto il commissario.
«Confermiamo che i negoziati con la Turchia debbono continuare, anche se con un ritmo più lento. Non ci sarà un blocco, ma un rallentamento delle trattative» ha detto Rehn.
La raccomandazione è stata anticipata di una settimana rispetto al 6 dicembre nel tentativo di mantenere un clima di fiducia dopo che i negoziati sulla questione commerciale con Cipro, portati avanti dalla presidenza Ue finlandese, sono falliti lunedì. I ministri degli Esteri Ue presenteranno la decisione a un vertice l'11 dicembre prossimo.
29 novembre 2006

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(1 recommendation so far) Message 3 of 3 in Discussion 
From: MSN NicknameLa_voce_delle_ondeSent: 11/30/2006 11:36 AM
E ancora, da Repubblica online di oggi:
 
 Dopo le prime aperture, nell'opinione pubblica di Francia e Germania è cominciato a emergere lo scetticismo.
Più che le condizioni di povertà del Paese, a spaventare è l'ingresso di 73 milioni di musulmani
Le nuove paure della Turchia
per l'Europa che si allontana
 ISTANBUL - Non dubitiamo che la Commissione possa appellarsi a fondate cause tecniche per sospendere il negoziato d'adesione con Ankara. Ma non una sola ragione politica giustifica quest'ulteriore umiliazione inflitta ad un Paese che è fondamentale agli interessi strategici dell'Europa ed ha già accumulato sufficienti motivi per ritenersi trattato ingiustamente. La Turchia, ricordiamolo, aveva atteso quarant'anni prima d'essere ammessa nell'anticamera dell'Europa. S'era vista superata da gran parte dell'Europa orientale, eppure aveva continuato ad aspettare, tenacemente, pazientemente.
Nell'ottobre del 2005, sia pure all'ultimo minuto e non senza evidenti perplessità, l'Unione europea aveva infine deciso di aprire un negoziato d'adesione che nelle prospettive più ottimiste non si sarebbe concluso prima del 2015. Un anno dopo, ecco il ripensamento della Commissione, che di fatto rispecchia non solo le difficoltà di quella trattativa, ma soprattutto lo scetticismo che monta in larghi settori dell'opinione pubblica europea. In Francia, in Germania, in Austria, cresce il partito che vorrebbe proporre ad Ankara di rinunciare all'ingresso nell'Unione in cambio d'una soluzione di ripiego, una vaga "partnership privilegiata".
Beninteso, l'ingresso della Turchia nell'Unione non è un affare da poco, non foss'altro perché i turchi sono 73 milioni, più di quanti siano gli abitanti degli ultimi dieci Paesi entrati nella Ue. Inoltre quei 73 milioni hanno standard medi di vita più bassi degli standard occidentali, la loro democrazia ci appare atipica, il loro stato di diritto lacunoso: ma non si può dire che la Romania sia messa meglio. Infine, i turchi sono musulmani, e questo impressiona molto le opinione pubbliche dell'Europa centrale. Anche perché - motivo di ulteriore allarme - in quella regione sta prendendo in piede il contagio del fondamentalismo islamico.
 
A fronte di tutto questo, la Turchia è la migliore democrazia finora prodotta dalle società islamiche, coltiva da secoli una proiezione europea, ha uno Stato laico, d'una laicità perfino arcigna. È un passaggio obbligato per le rotte dell'energia. È affacciata sullo scacchiere mediorientale. Ha l'acqua di cui è assetata la regione. E come ha ricordato il papa, è storicamente la cerniera tra l'Occidente e l'Oriente. Insomma rappresenta un alleato cruciale per un'Europa che voglia contare.
Eppure le stiamo sbattendo la porta in faccia. L'estate scorsa il rapporto d'un autorevole centro studi americano, il Brookings, pronosticava che un giorno forse non lontano la diplomazia occidentale avrebbe dovuto chiedersi: chi ha perso la Turchia? Chi di noi ha sciupato la colossale occasione che l'appassionato europeismo turco ci offriva? Si direbbe che quella previsione si stia avverando: stiamo perdendo la Turchia.
Stando ai sondaggi d'opinione da alcuni anni è in crescita costante la quota di turchi non vuole più saperne dell'Europa. Quanto alla domanda che potrebbe attendere in futuro i nostri diplomatici, chi perse la Turchia, potremmo rispondere fin d'ora: fu la classe dirigente occidentale, la sua sorprendente pochezza.
Molto è stato inflitto alla Turchia in questi mesi. Se adesso sfogliamo il libro delle doglianze che un giorno Ankara ci sbatterà sul tavolo, sorprende innanzitutto il nostro sistematico ricorso al doppio standard. Siamo soliti giudicare la Turchia con il metro che ci è più conveniente in quel momento, e che in genere non applichiamo mai a noi stessi. Così da secoli.
Nell'Ottocento eravamo scandalizzati dai massacri di cui si macchiavano le truppe ottomane nei Balcani, ma non vedevamo, né vediamo tuttora, i massacri che compivano i "nostri", i cristiani. Non solo col tempo non sia guariti da questa miopia, ma adesso la rendiamo obbligatoria. Come la Turchia tuttora non vuole riconoscere, durante la caotica guerra del 1913 la sinistra deportazione della popolazione armena si trasformò rapidamente in un genocidio spaventoso. Ma non meno spaventoso fu quel che era accaduto pochi mesi prima, il genocidio di turchi operato dalle bande armate nella grande provincia di Van. Ebbene, per effetto d'una proposta di legge in corso di approvazione, presto in Francia potrebbe accadere che sia vietato negare il genocidio degli armeni, ma sia legittimo negare il genocidio dei turchi.
Secondo Ankara un caso non meno sorprendente di doppio standard riguarda Cipro. L'isola è divisa non per colpa turca, ma perché la giunta militare greca organizzò una sollevazione tentando di occuparla. Ne seguì una guerra truce, in cui nessuno fu innocente, e la spartizione del territorio in due entità, una greca e una turca. In seguito le Nazioni Unite proposero alle due popolazioni di costituire una sorta di confederazione. Ma nel referendum indetto dall'Onu, solo i turco-ciprioti accettarono. I greco-ciprioti invece rifiutarono, e di lì a poco entrarono nell'Unione europea. Da allora usano legittimamente quella posizione di vantaggio per boicottare la concorrenza turco-cipriota, soprattutto nel turismo. A sua volta Ankara boicotta Cipro, rifiutandole l'accesso nei porti turchi. E questa è una delle ragioni per le quali la Commissione europea ha proposto di sospendere il negoziato d'accesso con la Turchia.
Infine la guerriglia curda. Nella singolare "guerra al terrorismo" che ha portato le armate americane in Iraq, nel nord del Paese è occorso qualcosa di ancor più singolare: benché considerato dalle polizie occidentali una banda terrorista, il Pkk curdo ha trovato un misterioso compromesso con le truppe statunitensi. Per almeno due anni non è stato infastidito, e anzi, secondo giornali turchi, nei suoi uffici capitavano emissari della Us Army. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata ma la guerriglia turca continua a profittare delle sue postazioni irachene per lanciare attacchi mortali in Turchia, così sabotando il processo di pace che il governo dell'Akp, una versione islamica della Cdu tedesca, aveva faticosamente avviato. Pur disponendo degli strumenti militari per lanciare rappresaglie nel nord dell'Iraq, Ankara finora ha rinunciato. Ma il 2007 sarà un anno elettorale e l'Akp potrebbe essere spodestato da partiti (di sinistra o di destra, laici o islamismi) che cavalcano l'onda nazionalista e anti-europea.
In altre parole tra qualche mese l'Unione potrebbe scoprire che non sta "perdendo la Turchia": la sta consegnando a partiti che esprimono una certa ansia di farcela pagare.
(30 novembre 2006)  da Repubblica online