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. auguri a tutti i Papà QUANDO DIO CREO' IL PAPA' Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta. Una angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito. Dio si girò e l'angelo "scoperto" arrossendo gli chiese "Cosa stai disegnando?". Dio rispose "Questo è un grande progetto". L'angelo annuì e chiese "Che nome gli hai dato?". "L'ho chiamato papà" rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio. "Papà...." pronunciò l'angelo "E a cosa servirebbe un papà?" chiese l'angioletto accarezzandosi le piume di un'ala. "Un papà" spiegò Dio "Serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no.". Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento. L'angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando. "Stai ancora lavorando al progetto del papà?" chiese curioso. "Sì" rispose Dio con voce dolce e calma "Richiede tempo". L'angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse "Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?" Dio abbozzando un sorriso rispose: "E' della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po' di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi". L' angelo proseguì con un'altra domanda: "Non sono troppo grosse quelle mani?". "No", rispose Dio continuando il suo disegno "Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro". "E quelli sono i suoi occhi?" chiese ancora l'angioletto indicandoli sul disegno. "Esatto", rispose Dio "Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti". L'angelo storse il nasino e aggiunse "Non ti sembrano un po' troppo severi?". "Guardali meglio" rispose Dio. Fu allora che l'angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino. (dal web)
Le origini della Festa del Papà La Festa del Papà ricorre il 19 Marzo in concomitanza con la Festa di San Giuseppe, che nella tradizione popolare oltre a proteggere i poveri, gli orfani e le ragazze nubili, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa. Pare che l'usanza ci pervenga dagli Stati Uniti e fu celebrata la prima volta intorno ai primi anni del 1900, quando una giovane donna decise di dedicare un giorno speciale a suo padre. Agli inizi la festa del papà ricorreva nel mese di giugno, in corrispondenza del compleanno del Signor Smart alla quale fu dedicata, poi solamente quando giunse anche in Italia si decise che sarebbe stato più adatta festeggiarla il giorno della Festa di San Giuseppe. In principio nacque come festa nazionale, ma in seguito è stata abrogata anche se continua ad essere un'occasione per le famiglie, e sopratutto per i bambini, di festeggiare i loro amati padri. La festa del 19 marzo è caratterizzata inoltre da due tipiche manifestazioni, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole. Poiché la celebrazione di San Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni lo scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa
UN VIGILE NASCOSTO. Amore di padre, amore nascosto; sempre attento sei severo; ma é amore proprio vero. Fin che fiato in corpo avrai sarà tutto un predicare che solo amore ed umiltà mi aiuteranno a superare ciò che di poco onesto nella vita incontrerò. Fin che occhi aperti avrai sarà tutto un lottare anche contro i mulini a vento per proteggermi dal male. Non sarà guerra vana né ci saran armi deposte, fino a quando, io, al posto tuo, sarò in grado d'apprezzare la tua chiara onestà. A quel tempo la mia fronte un po' rugosa dagli affanni, sarà vera testimone di quanto la mia mente ha imparato. Solo allora, a testa alta, potrò dire d'essere stato prearato da qualcuno molto saggio, che non tanto per studiato, ma con tacito coraggio, decisione ed umiltà, con amore mi ha insegnato a far fronte al mio destino dando luce al mio cammino. (anonimo, dal web) | | | | | |
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. 19 marzo auguri a tutti i Papà QUANDO DIO CREO' IL PAPA' Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta. Una angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito. Dio si girò e l'angelo "scoperto" arrossendo gli chiese "Cosa stai disegnando?". Dio rispose "Questo è un grande progetto". L'angelo annuì e chiese "Che nome gli hai dato?". "L'ho chiamato papà" rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio. "Papà...." pronunciò l'angelo "E a cosa servirebbe un papà?" chiese l'angioletto accarezzandosi le piume di un'ala. "Un papà" spiegò Dio "Serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no.". Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento. L'angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando. "Stai ancora lavorando al progetto del papà?" chiese curioso. "Sì" rispose Dio con voce dolce e calma "Richiede tempo". L'angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse "Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?" Dio abbozzando un sorriso rispose: "E' della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po' di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi". L' angelo proseguì con un'altra domanda: "Non sono troppo grosse quelle mani?". "No", rispose Dio continuando il suo disegno "Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro". "E quelli sono i suoi occhi?" chiese ancora l'angioletto indicandoli sul disegno. "Esatto", rispose Dio "Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti". L'angelo storse il nasino e aggiunse "Non ti sembrano un po' troppo severi?". "Guardali meglio" rispose Dio. Fu allora che l'angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino. (dal web)
Le origini della Festa del Papà La Festa del Papà ricorre il 19 Marzo in concomitanza con la Festa di San Giuseppe, che nella tradizione popolare oltre a proteggere i poveri, gli orfani e le ragazze nubili, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa. Pare che l'usanza ci pervenga dagli Stati Uniti e fu celebrata la prima volta intorno ai primi anni del 1900, quando una giovane donna decise di dedicare un giorno speciale a suo padre. Agli inizi la festa del papà ricorreva nel mese di giugno, in corrispondenza del compleanno del Signor Smart alla quale fu dedicata, poi solamente quando giunse anche in Italia si decise che sarebbe stato più adatta festeggiarla il giorno della Festa di San Giuseppe. In principio nacque come festa nazionale, ma in seguito è stata abrogata anche se continua ad essere un'occasione per le famiglie, e sopratutto per i bambini, di festeggiare i loro amati padri. La festa del 19 marzo è caratterizzata inoltre da due tipiche manifestazioni, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole. Poiché la celebrazione di San Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni lo scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa
UN VIGILE NASCOSTO. Amore di padre, amore nascosto; sempre attento sei severo; ma é amore proprio vero. Fin che fiato in corpo avrai sarà tutto un predicare che solo amore ed umiltà mi aiuteranno a superare ciò che di poco onesto nella vita incontrerò. Fin che occhi aperti avrai sarà tutto un lottare anche contro i mulini a vento per proteggermi dal male. Non sarà guerra vana né ci saran armi deposte, fino a quando, io, al posto tuo, sarò in grado d'apprezzare la tua chiara onestà. A quel tempo la mia fronte un po' rugosa dagli affanni, sarà vera testimone di quanto la mia mente ha imparato. Solo allora, a testa alta, potrò dire d'essere stato prearato da qualcuno molto saggio, che non tanto per studiato, ma con tacito coraggio, decisione ed umiltà, con amore mi ha insegnato a far fronte al mio destino dando luce al mio cammino. (anonimo, dal web) | | | | | |
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. 19 marzo auguri a tutti i Papà QUANDO DIO CREO' IL PAPA' Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta. Una angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito. Dio si girò e l'angelo "scoperto" arrossendo gli chiese "Cosa stai disegnando?". Dio rispose "Questo è un grande progetto". L'angelo annuì e chiese "Che nome gli hai dato?". "L'ho chiamato papà" rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio. "Papà...." pronunciò l'angelo "E a cosa servirebbe un papà?" chiese l'angioletto accarezzandosi le piume di un'ala. "Un papà" spiegò Dio "Serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no.". Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento. L'angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando. "Stai ancora lavorando al progetto del papà?" chiese curioso. "Sì" rispose Dio con voce dolce e calma "Richiede tempo". L'angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse "Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?" Dio abbozzando un sorriso rispose: "E' della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po' di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi". L' angelo proseguì con un'altra domanda: "Non sono troppo grosse quelle mani?". "No", rispose Dio continuando il suo disegno "Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro". "E quelli sono i suoi occhi?" chiese ancora l'angioletto indicandoli sul disegno. "Esatto", rispose Dio "Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti". L'angelo storse il nasino e aggiunse "Non ti sembrano un po' troppo severi?". "Guardali meglio" rispose Dio. Fu allora che l'angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino. (dal web)
Le origini della Festa del Papà La Festa del Papà ricorre il 19 Marzo in concomitanza con la Festa di San Giuseppe, che nella tradizione popolare oltre a proteggere i poveri, gli orfani e le ragazze nubili, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa. Pare che l'usanza ci pervenga dagli Stati Uniti e fu celebrata la prima volta intorno ai primi anni del 1900, quando una giovane donna decise di dedicare un giorno speciale a suo padre. Agli inizi la festa del papà ricorreva nel mese di giugno, in corrispondenza del compleanno del Signor Smart alla quale fu dedicata, poi solamente quando giunse anche in Italia si decise che sarebbe stato più adatta festeggiarla il giorno della Festa di San Giuseppe. In principio nacque come festa nazionale, ma in seguito è stata abrogata anche se continua ad essere un'occasione per le famiglie, e sopratutto per i bambini, di festeggiare i loro amati padri. La festa del 19 marzo è caratterizzata inoltre da due tipiche manifestazioni, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole. Poiché la celebrazione di San Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni lo scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa
X Agosto- da Myricae Giovanni Pascoli San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena de�?suoi rondinini. Ora è là come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido portava due bambole in dono... Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, Oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male! Un ricordo - dai Canti di Castelvecchio Giovanni Pascoli Andavano e tornavano le rondini, intorno alle grondaie della Torre, ai rondinotti nuovi. Era d'agosto. Avanti la rimessa era già pronto il calessino. La cavalla storna calava giù, seccata dalle mosche, l'un dopo l'altro tutti quattro i tonfi dell'unghie su le selci della corte. Era un dolce mattino, era un bel giorno: di San Lorenzo. Il babbo disse: «Io vo». E in un gruppo tubarono le tortori. Esse là nella paglia erano in cova. Tra quel hu hu, mia madre disse: «Torna prestino». «Sai che volerò!» «Non correr tanto: la tua stornella è appena doma». «Eh! mi vuol bene!» «Addio». «Addio». «Vai solo? non prendi Jên?» «Aspetto quel signore da Roma...» «E` vero. Ti verremo incontro a San Mauro. Io sarò sotto la Croce. Tu ci vedrai passando». «Io vi vedrò». E Margherita, la sorella grande, di sedici anni, disse adagio: «Babbo...» «Che hai?» «Ho, che leggemmo nel giornale che c'è gente che uccide per le strade...» Chinò mio padre tentennando il capo con un sorriso verso lei. Mia madre la guardò coi suoi cari occhi di mamma, come dicendo: A cosa puoi pensare! E le rondini andavano e tornavano, ai nidi, piene di felicità. Mio padre palpeggiò la sua cavalla che l'ammusò con cenno familiare. Riguardò le tirelle e il sottopancia, e raccolte le briglie, calmo e grave, si volse ancora a dire: «Addio!» Mia madre s'appressò con le due bimbe per mano: la più piccina a lui toccò la mazza. Egli teneva il piede sul montante. E in un gruppo le tortori tubarono, e si sentì: «Papà! Papà! Papà!» E un poco presa egli sentì, ma poco poco, la canna come in un vignuolo, come v'avesse cominciato il nodo un vilucchino od una passiflora. Sì: era presa in una mano molle, manina ancora nuova, così nuova che tutto ancora non chiudeva a modo. Era la bimba che vi avea ravvolte, come poteva, le sue dita rosa, e che gemeva: «No! no! no! no! no!» Mio padre prese la sua bimba in collo, col suo gran pianto ch'era di già roco; e la baciò, la ribaciò negli occhi zuppi di già per non so che martoro. «Non vuoi che vada?» «No!» «Perché non vuoi?» «No! no!» «Ti porto tante belle cose!» «No! no!» La pose in terra: essa di nuovo stese alla canna le sue dita rosa, gli mise l'altro braccio ad un ginocchio: «No! no! papà! no! no! papà! no! no!» Non s'udì che quel pianto e quei singulti nel tranquillo mattino tutto luce. Più non raspava i ciottoli con l'unghia la cavalla, e volgea la testa smunta alla bimba. E le tortori, hu, hu! Povera bimba! non avea compiuti due anni, e ancor dormiva nella culla. Sapea di latte il suo gran pianto lungo: assomigliava ad un vagir notturno. Mio padre disse: «Non partirò più». Jên, a un suo cenno, menò fuor del muro la cavalla, aspettando ad un altro uscio. Lontanò essa con un ringhio acuto. E mio padre baciò la creatura, e le disse: «Non vado: entro; mi muto, e sto con te. Perché tu sia sicura, prendi la canna». Rabbrividì tutta essa, come un uccello quando arruffa le piume; le spianò; poi con le due braccia abbracciò la canna di bambù. Ed aspettò. Aspetta ancora. Il babbo non tornò più. Non si rivide a casa. Lo portarono a sera in camposanto, lo stesero in un tavolo di marmo, dissero, oh! sì! dissero ch'era sano, e che avrebbe vissuto anche molti anni. Ma uno squarcio aveva egli nel capo, ma piena del suo sangue era una mano. Maria! Maria! quel pegno di tuo padre, ciò che di lui rimase, ove sarà? Sorella, a volte penso che tu l'abbia, che tu lo tenga ancora fra le braccia. Così mi pare a volte, che ti guardo e tu non vedi, ché tu stai pregando. Tieni le braccia in croce, un poco lasse; e tieni ancora gli occhi fissi in alto. Stai come quando ti lasciò tuo padre; sicura, come allora. Ma una lagrima ancora scorre a te, di quelle, e il labbro balbetta ancora, sì: «Papà! Papà!»
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| Enviado: 18/06/2006 13:53 | |
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Happy Fathers Day
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| | Happy Fathers Day
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Auguri, papa'!!! auguri a tutti i Papà QUANDO DIO CREO' IL PAPA' Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta. Una angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito. Dio si girò e l'angelo "scoperto" arrossendo gli chiese "Cosa stai disegnando?". Dio rispose "Questo è un grande progetto". L'angelo annuì e chiese "Che nome gli hai dato?". "L'ho chiamato papà" rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio. "Papà...." pronunciò l'angelo "E a cosa servirebbe un papà?" chiese l'angioletto accarezzandosi le piume di un'ala. "Un papà" spiegò Dio "Serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no.". Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento. L'angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando. "Stai ancora lavorando al progetto del papà?" chiese curioso. "Sì" rispose Dio con voce dolce e calma "Richiede tempo". L'angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse "Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?" Dio abbozzando un sorriso rispose: "E' della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po' di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi". L' angelo proseguì con un'altra domanda: "Non sono troppo grosse quelle mani?". "No", rispose Dio continuando il suo disegno "Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro". "E quelli sono i suoi occhi?" chiese ancora l'angioletto indicandoli sul disegno. "Esatto", rispose Dio "Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti". L'angelo storse il nasino e aggiunse "Non ti sembrano un po' troppo severi?". "Guardali meglio" rispose Dio. Fu allora che l'angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino. (dal web) Le origini della Festa del Papà La Festa del Papà ricorre il 19 Marzo in concomitanza con la Festa di San Giuseppe, che nella tradizione popolare oltre a proteggere i poveri, gli orfani e le ragazze nubili, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa. Pare che l'usanza ci pervenga dagli Stati Uniti e fu celebrata la prima volta intorno ai primi anni del 1900, quando una giovane donna decise di dedicare un giorno speciale a suo padre. Agli inizi la festa del papà ricorreva nel mese di giugno, in corrispondenza del compleanno del Signor Smart alla quale fu dedicata, poi solamente quando giunse anche in Italia si decise che sarebbe stato più adatta festeggiarla il giorno della Festa di San Giuseppe. In principio nacque come festa nazionale, ma in seguito è stata abrogata anche se continua ad essere un'occasione per le famiglie, e sopratutto per i bambini, di festeggiare i loro amati padri. La festa del 19 marzo è caratterizzata inoltre da due tipiche manifestazioni, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole. Poiché la celebrazione di San Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta ai riti di purificazione agraria, effettuati nel passato pagano. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni lo scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe. Questi riti sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, le famose frittelle, che pur variando nella ricetta da regione a regione, sono il piatto tipico di questa festa Un ricordo - dai Canti di Castelvecchio- Giovanni Pascoli Andavano e tornavano le rondini, intorno alle grondaie della Torre, ai rondinotti nuovi. Era d'agosto. Avanti la rimessa era già pronto il calessino. La cavalla storna calava giù, seccata dalle mosche, l'un dopo l'altro tutti quattro i tonfi dell'unghie su le selci della corte. Era un dolce mattino, era un bel giorno: di San Lorenzo. Il babbo disse: «Io vo». E in un gruppo tubarono le tortori. Esse là nella paglia erano in cova. Tra quel hu hu, mia madre disse: «Torna prestino». «Sai che volerò!» «Non correr tanto: la tua stornella è appena doma». «Eh! mi vuol bene!» «Addio». «Addio». «Vai solo? non prendi Jên?» «Aspetto quel signore da Roma...» «E` vero. Ti verremo incontro a San Mauro. Io sarò sotto la Croce. Tu ci vedrai passando». «Io vi vedrò». E Margherita, la sorella grande, di sedici anni, disse adagio: «Babbo...» «Che hai?» «Ho, che leggemmo nel giornale che c'è gente che uccide per le strade...» Chinò mio padre tentennando il capo con un sorriso verso lei. Mia madre la guardò coi suoi cari occhi di mamma, come dicendo: A cosa puoi pensare! E le rondini andavano e tornavano, ai nidi, piene di felicità. Mio padre palpeggiò la sua cavalla che l'ammusò con cenno familiare. Riguardò le tirelle e il sottopancia, e raccolte le briglie, calmo e grave, si volse ancora a dire: «Addio!» Mia madre s'appressò con le due bimbe per mano: la più piccina a lui toccò la mazza. Egli teneva il piede sul montante. E in un gruppo le tortori tubarono, e si sentì: «Papà! Papà! Papà!» E un poco presa egli sentì, ma poco poco, la canna come in un vignuolo, come v'avesse cominciato il nodo un vilucchino od una passiflora. Sì: era presa in una mano molle, manina ancora nuova, così nuova che tutto ancora non chiudeva a modo. Era la bimba che vi avea ravvolte, come poteva, le sue dita rosa, e che gemeva: «No! no! no! no! no!» Mio padre prese la sua bimba in collo, col suo gran pianto ch'era di già roco; e la baciò, la ribaciò negli occhi zuppi di già per non so che martoro. «Non vuoi che vada?» «No!» «Perché non vuoi?» «No! no!» «Ti porto tante belle cose!» «No! no!» La pose in terra: essa di nuovo stese alla canna le sue dita rosa, gli mise l'altro braccio ad un ginocchio: «No! no! papà! no! no! papà! no! no!» Non s'udì che quel pianto e quei singulti nel tranquillo mattino tutto luce. Più non raspava i ciottoli con l'unghia la cavalla, e volgea la testa smunta alla bimba. E le tortori, hu, hu! Povera bimba! non avea compiuti due anni, e ancor dormiva nella culla. Sapea di latte il suo gran pianto lungo: assomigliava ad un vagir notturno. Mio padre disse: «Non partirò più». Jên, a un suo cenno, menò fuor del muro la cavalla, aspettando ad un altro uscio. Lontanò essa con un ringhio acuto. E mio padre baciò la creatura, e le disse: «Non vado: entro; mi muto, e sto con te. Perché tu sia sicura, prendi la canna». Rabbrividì tutta essa, come un uccello quando arruffa le piume; le spianò; poi con le due braccia abbracciò la canna di bambù. Ed aspettò. Aspetta ancora. Il babbo non tornò più. Non si rivide a casa. Lo portarono a sera in camposanto, lo stesero in un tavolo di marmo, dissero, oh! sì! dissero ch'era sano, e che avrebbe vissuto anche molti anni. Ma uno squarcio aveva egli nel capo, ma piena del suo sangue era una mano. Maria! Maria! quel pegno di tuo padre, ciò che di lui rimase, ove sarà? Sorella, a volte penso che tu l'abbia, che tu lo tenga ancora fra le braccia. Così mi pare a volte, che ti guardo e tu non vedi, ché tu stai pregando. Tieni le braccia in croce, un poco lasse; e tieni ancora gli occhi fissi in alto. Stai come quando ti lasciò tuo padre; sicura, come allora. Ma una lagrima ancora scorre a te, di quelle, e il labbro balbetta ancora, sì: «Papà! Papà!» ...Ed un pensiero ai PAPA' che non sono più con noi. | | © | | |
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